Nella
notte fra il 28 ed il 29 aprile 1774 una eruzione cutanea apparve sul
volto reale. Sono i primi sintomi visibili del vaiolo. La Martiniére fu
allora il solo medico che osó diagnosticare apertamente la presenza
della malattia e dire che egli vedeva il Re perso, opinione
cui finirono per arrendersi i colleghi. La famiglia Reale venne
allora pregata di non avvicinarsi al letto del Re.
Nella
sua agenda in marocchino nero, il Delfino annoto' queste parole funebri: Il
vaiolo si é manifestato. In
tutto il castello, la notizia si sparse come un vortice di polvere, dai
cortigiani ai domestici. Nei corridoi, nelle scale, le stesse parole si
fanno sentire
Il
Re ha il vaiolo! Luigi
XV fu preso da una enorme angoscia. Di
fronte ai bubboni purulenti che iniziavano ad invadergli il viso ed il
corpo, egli ben preso realizzo la causa del suo male:
E' il vaiolo! Gridó. E' incredibile! I
medici che lo circondavano sui sforzavano di rassicurarlo:
Vostra
Maestà ha già avuto altre volte la varicella. Ciò sembra una ricaduta
improvvisa, ma senza pericolo. Il
Re, in effetti, era stupito di essere vittima di una malattia che egli
credeva di aver contatto a Fontainebleau nel 1728, quando aveva 18 anni,
sapendo d'altro canto che la varicella non colpisce che una volta sola. Sfortunatamente,
egli non era infatti che vittima di una eruzione cutanea banale.
Il
Re sapeva che questa malattia non lasciava praticamente alcuna speranza
di sopravvivere. Le sue figlie gemelle, Elisabeth ed Henriette, avevano tutte e due riportato il vaiolo a 22 e a 14 anni prima.
Fin da quel momento, le tre
figlie del Re, Adelaide, Victoire e Sophie, tutte tenendosene a
distanza, si recavano a far visita al padre durante il giorno. La
notte invece, era la Contessa du Barry che vegliava al capezzale del suo
amante. La
favorita in titolo non poteva talvolta trattenere le lacrime sia sul
brutale deterioramento dello stato di salute del Re, sia
sull’imminenza della sua disgrazia. Lei
sapeva che Luigi XV era il solo a proteggerla e che nessun membro della
Famiglia Reale avrebbe mostrato la benché minima indulgenza nei suoi
confronti e non avrebbe avuto alcuna pietà per la sua sorte un volta
che il Re fosse deceduto. E’ per questo motivo che il 1° Maggio 1774, la Contessa du Barry iniziò a trasferire rapidamente ed in modo furtivo i suoi gioielli, le sue carte ed i suoi migliori effetti personali.
Lo stesso giorno, la
malattia del Re riprese con gran acutezza senza tregua. Il Santo
Sacramento fu esposto giorno e notte alla Capella Reale, mentre alla
Corte di Versailles, come alla Cattedrale di Notre-Dame di Parigi, iniziò
la preghiera delle 40 ore. A
mezzogiorno l’arcivescovo di Parigi, Christophe de Beaumont du Repaire
(qui sotto),
70 anni compiuti e bloccato da coliche nefritiche, giunse malgrado ciò a Versailles
allo scopo di ricevere la confessione del Re.
Grazie all’appoggio del Delfino e della Delfina Maria Antonietta, l’arcivescovo di Parigi venne introdotto presso Luigi XV. Benchè divenuto “una semplice creatura agli occhi del Signore”, il Re non si risolse ancora a ricevere i soccorsi della religione. Il Re si accontentò di prendere il polso del vecchio arcivescovo e domandargli novità sulla sua nefrite.
In una camera distante da quella del morente,
il futuro Luigi XVI e la sua sposa domandavano in ogni momento notizie
sul Re e passarono delle notti a vegliare, piangere e pregare. Dall’altro
lato, il Parlamento di Parigi inviò Nicolas Félix Van Dievoet, detto
Vandive, consigliere notaio, segretario della Casa e della Corona di
Francia, cancelliere al Gran Consiglio, per informarsi sulla salute del Re. Il
libraio parigino Siméon-Prosper Hardy scrisse così nel suo giornale:
“La
nuova corte del Parlamento non aveva mancato, seguendo l'uso consueto,
di designare il nominato Vandive, uno dei primi principali impiegati
alla cancelleria della Grande Camera e dei suoi notai segretari, per
andare a Versailles per informarsi sulla salute del Re. Ma questo
segretario non poteva rendere conto della sua missione all'inamovibile
compagnia se non il seguente martedì, dopo solita vacanza del lunedì 1°
maggio". Il
2 Maggio 1774, l’eruzione dei bubboni si generalizzò sul viso ed il
corpo del Re. Quest’ultimo sembrava molto disperato sul suo letto da
campo, il dorso appoggiato contro la balaustra del letto che lui
occupava di consueto.
Cortigiani
e membri della Famiglia Reale assistevano, impotenti e costernati, dal
Gabinetto del Consiglio (qui sopra), al deperimento della salute del Re, certi
andando anche ponendosi un fazzoletto acetato sulla bocca.
“La
sua testa – scrisse il Duca de Croÿ – era rossa e grossa come uno
staio
della massa del vaiolo.” La giornata del 3 Maggio 1774 è segnata da un piccolo miglioramento della salute del Sovrano. Egli, che parlava come sempre, era soprattutto animato dalla volontà di proteggere la Contessa du Barry.
Sapeva
che nei minuti che sarebbero seguiti al suo ultimo respiro, lei sarebbe
stata esclusa dalla Corte, destinata ad esser esposta come cadavere nei
luoghi deputati ad accogliere i criminali dopo l’esecuzione ed oggetto
delle peggiori infamie. Così
domandò al Duca d’Aiguillon, il suo segretario di Stato agli Affari
esteri, di ben voler accogliere nella sua casa di campagna di Rueil,
alle porte di Parigi, la
Contessa du Barry (qui sotto) e di condurvela finchè era
possibile.
Il Re intese metterla al riparo dalle umiliazioni che l’attendevano. Ma ugualmente forse, cosciente del male incurabile che lo consumava, Luigi XV si decideva ad affrontare in modo Reale la morte che si avvicinava, ed assumersi come conveniva le responsabilità che gli incombevano.
Per
far ciò, egli doveva mettersi in regola con Dio e con gli uomini. Il Re
ebbe allora un ultimo colloquio con la
Contessa du Barry all’inizio
del quale egli le disse: “Al momento che io sono conscio del mio
stato, io mi do a Dio ed al mio popolo. Così, bisogna che voi vi
ritiriate seduta stante”. Con
la morte nel cuore ed obbedendo ai desideri del suo amato, la
Contessa du Barry, piangendo, lasciò Versailles per non ritornarvi mai più. Preso
dai rimorsi, Luigi XV volle, fin dalla sera stessa, che lei ritornasse
al suo capezzale, ma, verosimilmente sotto la pressione della Famiglia
Reale, la Contessa du Barry non sarà più invitata a ritornare a
Versailles. Non
restò al Re che affrontare i suoi ultimi doveri con coraggio, con forza
di carattere e lucidità, malgrado le sofferenze che egli sopportava e
che gli fecero perdere il sonno per molto tempo. 3 - Il Clero al Capezzale del Sovrano
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