Quel
mattino, in effetti, il delirio si manifestò, così come la cancrena. “Il suo viso cambiava”, notò il Duca de Croÿ. Il breve ottimismo dei due giorni precedenti era sparito. La malattia si aggravò brutalmente ed irrimediabilmente.
L’infezione si generalizzò. Il malato respirava e deglutiva con
fatica. Luigi XV sembrava perso. Tuttavia ciò non gli impediva di piegarsi con la migliore grazia possibile al protocollo immutabile delle entrate dei Cortigiani al suo risveglio, l’ultimo della sua esistenza.
I suoi
servitori si spaventavano e cominciarono a fuggire. Il 9 Maggio 1774, l’agonia del Re sembrava interminabile. Era molto provato fisicamente, considerabilmente indebolito.
Le sue palpebre sono
accecate da croste, il suo viso pressoché nero, molto gonfio. Tuttavia Luigi XV restava pienamente cosciente ed ebbe dei lunghi colloqui con il suo confessore. Il Re sembrava accettare la sua sorte, con calma e rassegnazione.
Quanto doveva durare questa agonia che non finiva? Quella
del Re Enrico II, era durata dieci giorni. Sei
settimane di sofferenza avevano preceduto il decesso di Luigi XIII (qui
sotto in un dipinto a Copenaghen).
Il
Re Luigi XIV, quanto a lui, aveva sopportato la malattia per due
settimane circa. Nella
Notte fra il 9 ed il 10 Maggio, una candela venne accesa nel balcone
della Camera da letto del Re e sarebbe stata spenta quando il decesso sarebbe
stato constatato. Alle tre del mattino del 10 Maggio 1774, le prime croste caderono. Dei bubboni seccati e neri lo sfigurarono ancor di più.
Accecato dalle croste, il
Re non vedeva più. Il suo confessore non lo lasciava. I suoi ministri,
le sue figlie, e gli altri membri della famiglia Reale si erano
ritirati.
Luigi XV desiderava tanto intrattenersi con il suo successore imminente, ma egli non poteva rischiare di contagiarlo.
“Questa crudele malattia –
sospirava – che mi impedisce di vedere i miei ragazzi!”
Dal
canto suo il Delfino, il futuro Luigi XVI, garantì simbolicamente i desideri del Re dando
disposizioni per distribuire la somma di 200.000 livree ai poveri.
Il
Re era ancora cosciente fino a mezzogiorno. A partire da questo momento
nessuna persona fu autorizzata ad entrare nella camera del morente.
Affinchè l’antica tradizione monarchica fosse rispettata e che la
morte del Re fosse pubblica, i membri del governo e della Corte si
presentarono nella camera del Consiglio, dove, dietro l’inquadramento
delle porte rimaste aperte, era possibile assistere alla agonia
Reale ad una distanza ragionevole per evitare il contagio. Gli
ecclesiastici si tennero in ginocchio attorno al letto da campo dove
colui che fu considerato per la sua grande bellezza durante tutta la sua
vita, ora non era che una miserabile creatura sfigurata che impestava
l’ambiente.
Tra
le 15.15 e le 15.30 il Re morì. La candela venne simbolicamente spenta. Tutta Versailles era così al corrente del lutto. Secondo un rituale, già antico, il ciambellano apparve alla finestra della Camera da letto del Re, pettinato con un cappello di piume nere, ed annunciò alle persone ammassate nella Corte di Marmo: “Il Re è morto!”.
Poi
riapparve in mezzo alla folla sotto, con un cappello dotato di un
pennacchio bianco e dichiarò: “ Viva il Re!” Luigi
XV aveva regnato 54 anni, otto mesi e nove giorni, il secondo Regno
della storia di Francia per lunghezza temporale.
Le anticamere furono immediatamente sgomberate da una ressa terrificante. I Cortigiani si travolsero e corsero il più velocemente possibile fino all’appartamento di colui che era stato fino a qualche istante prima il Delfino e che ormai era diventato il Re di Francia. Ognuno voleva esser il primo a presentare i suoi omaggi al nuovo monarca.
Da sedici
ore, la nuova coppia Reale e la totalità della Corte avevano lasciato il
Palazzo di Versailles ed il suo cattivo odore per ritirarsi nel castello
di Choisy. 3 - Il Clero al Capezzale del Sovrano
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