Se la Corte lasciò definitivamente Versailles il 6 Ottobre 1789, il castello fu, sino al 1792, sempre considerato come una residenza Reale che poteva esser ri-abitata in qualunque momento. Anche sotto l’Impero e la Restaurazione, quando Versailles era senza mobilio ed in uno stato troppo degradato per esser riabitata, il castello continuò ad essere conteggiato fra le residenze Reali. Ne testimonia l’uso che ne fece Carlo X.

Contrariamente a suo fratello Luigi XVIII, che aveva desiderato fin dal 1814 di re istallarsi nella dimora dei suoi antenati, Carlo X non sognò mai di stabilire la sua Corte a Versailles, e si accontentò di occupare le Tuileries, Saint-Cloud, Fontainebleau, Compiégne e Rambouillet. Probabilmente Versailles gli ricordava un luogo dove era suo fratello Luigi XVI a comandare e come preferiva invece Parigi per le sue scorribande quando era il Conte d'Artois: amante dei divertimenti e poco incline ai doveri che il proprio rango e la propria posizione comportavano, un giorno, per evitare di dover assistere ad una noiosa sebbene importante cerimonia di corte, Artois fece sapere che era afflitto da un insopportabile mal di testa che lo obbligava  ritirarsi nei suoi appartamenti privati (Ala du Midi della Reggia, quella devastata con ristrutturazioni da Luigi Filippo d'Orleans), invece di soppiatto montò in carrozza e si diresse alla volta di Parigi, dove c’era una festa ad attenderlo.

All’ingresso nella capitale, il Conte sobbalzò ad un improvviso sparo di cannone per il quale chiese il motivo alle guardie daziarie presenti: “Altezza, il cannone annuncia, per ordine del Re, l’ingresso a Parigi del Conte d’Artois!”, si sentì rispondere. In pratica era stato scoperto e così fu costretto a rinunciare al piacevole programma, tornando subito a Versailles, dove c'era ad attenderlo un Luigi XVI più ironico e sorridente che mai, il quale gli disse: “Vedo con piacere che il mal di testa vi è passato istantaneamente. Sono o non sono un bravo medico io?"

Tuttavia a Versailles non lasciò in degrado il parco, dove egli cacciava quasi tutte le settimane, in fondo era il suo paese natale, giacchè nacque alla Reggia di Versailles nel 1757. Le dépendances del castello furono allo stesso modo occupate, così come i numerosi appartamenti.

Come narra il vescovo Arnold Frémy in un articolo apparso in Revue de Paris nel 1836, Versailles presentava allora l’aspetto di un microcosmo dove gli appartamenti “erano stati abbandonati a dei parenti, cugini, nipoti, pronipoti di stallieri, sottostallieri, cuochi della cucina di Sua Maestà”, per la maggior parte vecchi emigrati stipendiati dal Re, di cui certi ebbero anche il beneficio supremo di ritrovare il loro vecchio alloggio di prima del 1789!

Il Terreno di caccia preferito dei Re di Francia

All’inizio del suo Regno, Carlo X aveva l’abitudine di cacciare regolarmente a Versailles, dove il grande cacciatore della Corona aveva fatto predisporre un circuito di caccia a tiro alla pernice e ai fagiani di circa 10 Km di lunghezza. Era necessaria quasi tutta la giornata al Re per fare il giro del parco cacciando, dalla zona d’acqua degli Svizzeri fino al Grand Trianon. Una collezione era servita dal Gobelet del Re all’estremità del Grand Canal.

Talvolta Carlo X cacciava anche in corsa con suo figlio nei boschi attorno al castello, mentre la foresta di Marly era riservata ai piaceri più sanguinosi: la messa a morte di cinghiali, di cerbiatte, di cervi, caprioli ed anche di lepri e volpi chiuse in una arena, che il Re uccideva a dozzine

 

Qualche settimana prima della sua abdicazione, il Re ordinò anche al suo primo cacciatore di preparare 10 km di dighe sullo stagno di Saint-Hubert - qui sotto - non lontano da Versailles, dove la Corte avrebbe potuto cacciare le anatre selvatiche in autunno. Queste cacce erano il grande piacere del Re, ma si trattava anche di una vera vetrina del potere reale.

Il 29 Settembre 1826, il Principe Frédérich di Prussia andò così a cacciare a Versailles con Carlo X, seguito, il 6 ottobre, dal Principe Augusto di Prussia, poi, il 21 novembre 1827, dall’infante Miguel del Portogallo, Wellington, il vincitore di Waterloo, anche lui convitato alle cacce ad ogni passaggio a Parigi.

Le cacce a corsa diventarono ugualmente un mezzo per i semplici sudditi di vedere il loro Re, poterlo acclamare, ma anche di chiedergli un placet o di ricevere da lui una modesta somma di denaro: circa 500 sprovveduti, nobili squattrinati, vedove od orfani delle guerre dell’Impero, paesani ed operai così ripartivano ogni anno con una borsa contenente spesso un centinaio di franchi in oro.  

Le acclamazioni e l’ambiente gioviale degli incontri di caccia nella foresta di Versailles spiegano in parte che il Re non prestava importanza alla impopolarità a Parigi in cui cadeva….

Per gli amanti della storia, le cacce a corsa di Carlo X “sotto le ombre secolari” offrivano lo charme di un vero ritorno al passato, al tempo dell’Ancien Régime.

Non ci fu che una sola eccezione alla promessa che si era fatto Carlo X di non svegliare vecchi rancori occupando Versailles. Una volta per anno, a luglio,  allo scopo di ricordare la presa della Bastiglia, faceva così organizzare un ricevimento di autorità civili religiose e militari del dipartimento nella Galleria degli Specchi. Questo aveva luogo attorno al 20 luglio, ed il Re voleva così commemorare il suo esilio, il 18 luglio 1789, che segnò l’inizio della contro-rivoluzione, le cui idee avevano in seguito dato la nascita alla politica “ultrà” imposta dal governo reale dopo la morte di Luigi XVIII.

Simbolicamente, il Re era accolto dal sindaco Blaise de Jouvencel, (qui sopra) dal prefetto di Seine-et-Oise Hervé de Tocqueville, e dal marchese de Verac, governatore del Castello.

Nella folla dei notabili doveva anche trovarsi il giovane Alexis de Tocqueville, futuro autore di De l’Ancien Régime e de la Revolution, allora giudice-auditore al tribunale di Versailles.

Carlo X si riposava poi qualche istante nei “suoi” appartamenti, cioè la camera di parata di Luigi XIV.

Questo riposo era seguito da una passeggiata nel parco, dove i grandi giochi d’acqua si attivavano, e da una parata militare che riuniva la Guardia Reale e la Guardia Nazionale nel grande viale del Trianon. C’era ogni volta la folla per assistere a questo avvenimento che era lucrativo, con un traffico di biglietti d’entrata falsi, per cui l'iniziativa fu tolta solo nel 1827!

Per il Re, riprendere anche simbolicamente, possesso di Versailles, sembrava un modo per “rinnovare la catena dei tempi” con l’Ancien Régime. Ignorava o non voleva vedere, che Versailles fosse già diventata una destinazione turistica, e che al di là dei suoi rari passaggi, i grandi appartamenti erano percorsi da centinaia di curiosi ogni anno, per la maggior parte inglesi o americani.

In Gennaio 1826, il geografo inglese Nathaniel Hazeltine Carter diede qualche moneta ad una vecchia emigrata alloggiata al castello, che gli fece visitare il castello parlandogli del suo aspetto al tempo dello splendore della Corte: egli ebbe l’impressione che la sua guida fosse un fantasma dell’epoca!

Un altro visitatore noto, Fenimore Cooper, autore dell’Ultimo dei Moicani, per il quale Versailles era la testimonianza più eclatante della potenza dell’antica monarchia, non potè evitare di essere sopraffatto costatando l’immensità della Reggia, che paragonò alla minuscola Casa Bianca….

Gli uomini in nero al Trianon

Paradossalmente, accogliendo le reminiscenze dell’Ancien Regime, Versailles fu anche il teatro di una delle innovazioni più liberali del Regno di Carlo X: i ricevimenti del Grand Trianon, dove il Re invitava alla sua tavola i grandi notai del dipartimento di Seine-et-Oise, cosa che era ancora impensabile sotto Luigi XVIII.

Mai un Re di Francia aveva accolto nella sua tavola dei bravi borghesi in abito nero! Secondo l’etichetta stretta, ereditata da Luigi XIV, bisognava infatti essere di sangue reale per potere prender posto a tavola con il Re.

Il 24 novembre 1824. Qualche settimana dopo il suo avvento, Carlo X invitò al Trianon 60 persone scelte fra “le principali autorità di Seine-et-Oise”.

Il giorno dopo, organizzò un altro ricevimento, con uno spettro sociale più ampio: “Le dame, il clero, i sotto-prefetti d’Etampes e di Pontoise, il Consiglio di Prefettura ed il segretario generale, tutti i membri dell’amministrazione, i membri dei tribunali, il sindaco ed il consiglio municipale di Versailles, gli uomini in nero, M.M. le guardie nazionali e gli ufficiali della guarnigione” (dal giornale dei dibattiti, 27/11/1824).

Vi fu anche un piccolo ballo, senza dubbio il primo a Corte dove si potesse vedere danzare dei borghesi.

Questi incontri permettevano al Re di acquisire popolarità, di conoscere gli uomini politici locali e di discutere con loro dei prossimi gironi elettorali. In più dei notai ed alcuni abitanti dei luoghi vicini erano ammessi nei saloni del Castello.

Eredità del rituale del “Grand Couvert” dell’Ancien Regime, il Re mangiava in pubblico con i suoi convitati. Questa operazione di seduzione lanciata con gran colpi di bottiglie e buffets ben guarniti, non potevano che migliorare la popolarità del Re, a meno che qualcuno non ne venne a guastare la festa: alla fine del 1828, uno degli ultimi ricevimenti offerti alle autorità di Versailles dal Re al Trianon si concluse con un vero scandalo, secondo la testimonianza di una guardia del corpo, a causa del Delfino che aveva bevuto “un po’ troppo champagne” e che riempì di rimproveri un domestico davanti agli invitati. Questo scandalo, riportato ed amplificato, produsse un cattivissimo effetto nei dintorni.

Carlo X si astenne ad organizzare questo tipo di ricevimenti, ma suo cugino Luigi-Filippo doveva, negli anni che seguirono, ricordarsi di tale iniziativa al momento di organizzare la sua Corte alle Tuileries.

Una dependance alle Tuileries

Se il castello non era occupato dalla Corte, la maggior parte delle dépendences di Versailles erano al contrario sempre utilizzate dalla Casata del Re, con l’eccezione del Grand Commun, che accolse a partire dal 1825 una scuola per i bimbi poveri.

La Grande e la Piccola Scuderia, dove Gericault andava a prendere degli schizzi di cavalli, erano sempre occupate dall’equipaggio del Re, ma anche dalla Casa dei Paggi, che insegnavano come montare a cavallo in seno alla Scuola di equitazione di Versailles, una resurrezione dell’Ancien Regime, dove svolgevano il loro compito lo scudiere capo d’Abzac e poi il suo successore Antoine d’Aure.

Sotto la Restaurazione, in conformità all’usanza di Versailles, i paggi, portando la loro piccola tenuta – un frac blu ed argento gallonato d’oro, annodato alle spalle in satin fiordalisato, culotte di velluto nocciola – dovevano portare i messaggi dentro il Palazzo, annunciare il Re, illuminare la notte con dei candelabri, scortarlo nelle sue passeggiate e servire a tavola.

I cani ed i cavalli da caccia occupavano il canile costruito da Luigi XIV in basso nella Grande Scuderia, mentre la guardia Reale si era installata nell’antico palazzo dei Cavalli-leggeri, in compagnia di una parte della gendarmeria d’elite della Casata del Re.

Come sotto l’Ancien Regime, Versailles accoglieva dunque una gran parte dei servizi della Corte: scudieri, cacciatori, cani, cavalli si sistemavano talvolta a Compiégne, Rambouillet o Fontainebleau, mentre la Guardia Reale dispose, grazie a Carlo X, di una nuova costruzione di fonte al castello di Saint-Cloud.

Il 31 Luglio 1830, Versailles vide passare per l’ultima volta i Principi del ramo maggiore. La febbre rivoluzionaria, che insanguinava Parigi dal 26 giugno, aveva fatto posto ad un movimento politico, con la messa in essere di un governo provvisorio di cui il Duca d’Orléans (qui sotto) avevo preso il comando.

Dopo esser stato informato alla vigilia della presa delle Tuileries, Carlo X lasciò di primo mattino Saint-Cloud, minacciato alcuni parigini, e prese la fuga in direzione di Versailles, dove la popolazione gli si rivelò ostile, costringendolo a battersi in ritirata dietro le griglie del Grand Trianon.

Il Re vi riunì una ultima volta il suo Consiglio dei ministri. Alla fine della giornata, Carlo X apprese la notizia della presa del Castello di Saint-Cloud.

La febbre rivoluzionaria cominciava a spandersi in Versailles: le caserme della Guardia Reale furono messe sotto assedio e i primi colpi di fuoco si fecero sentire all’entrata del viale della Regina (qui sotto).

Il Re decise di ripiegare su Rambouillet, la cui popolazione sembrava più calma. Passando per il gran parco per una maggiore discrezione, poi per la strada Perray-en-Yvelines, dove “parecchi cortigiani costretti a viaggiare a piedi si addormentarono in dei fossati, la monarchia lasciò Versailles, seguita da una da una fila incessante di veicoli di ogni tipo…. Di pedoni, soldati svizzeri, guardie del corpo, dragoni, gendarmi scelti, alla rinfusa con lacché in livrea, donne incinte con pacchetti, servitori infastiditi, ansiosi di sapere perché ci si fermava, dove si era, e se si andava più lontano. Fu la fuga precipitosa reale, tutta la corte di Francia che fuggiva dalla rivoluzione”.

Verso una nuova Versailles?

La fine della Restaurazione significò per la città di Versailles, come nel 1789 dopo la partenza di Luigi XVI, una perdita di introiti, ma anche una perdita di senso.

“Vedova dell’antica Corte, Versailles mancava di tutto, tranne che dei getti d’acqua, di Tritoni, di Nettuni, di Apolli, di grandi e piccole scuderie,di giardini a perdita di vista, di foreste, di cacciagione, di zoo, di fagianerie” annotò un giornalista qualche anno più tardi.

Privata dei servizi della Corte che mantenevano l’illusione dell’Ancien Regime, Versailles cessò definitivamente di essere una residenza Reale.

Con la caduta del ramo principale dei Borboni, Luigi Filippo d'Orléans ebbe ormai il campo libero per colmare il vuoto lasciato dalla Corte, fin dal 1832 con la trasformazione del castello in museo della Storia di Francia, andando tuttavia a devastare gli splendidi interni dell'Ala du Midi della Reggia e spazzando via gli appartamenti in alto della Reggia (oggi ancora mezzi incompleti) di due Duchi.

   

On Line, il  25 Settembre 2017

 A cura di

Arsailles e Faustina da Versailles

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