Domenico, figlio del grandeAlessandro,
nacque nel 1685, lo stesso anno di Handel e J. S. Bach. Egli si distinse
come uno dei maggiori virtuosi e compositori di musica per clavicembalo.
Com'è immaginabile, fu il padre ad iniziarlo alla musica.
Nel 1701 ottenne l'incarico di organista
e maestro di musica nella cappella reale di Napoli.
L’anno successivo si trasferì con il padre a
Firenze, ma già
nel 1703 lo ritroviamo a Napoli, dove
debuttò in teatro con l'opera Ottavia ristituita al trono.
In seguito, seguì il padre a Roma e poi a
Venezia,
dove ebbe modo di conoscere
Vivaldi e Handel,
e dove fu allievo di
Gasparini.
Di nuovo a Roma,
divenne maestro di cappella della regina Maria Casimira di
Polonia. Nella capitale, fra il 1709-15, compose
una quindicina d'opere,
tra le quali: Tetide in Sciro (1712), Ifigenia in Aulide (1713),
Ifigenia in Tauri
(1713), Amleto (1715), La Dirindina (1715 ca.).
Nel 1713 fu nominato
coadiutore in San Pietro, e l’anno successivo maestro
di cappella, carica che mantenne fino al 1719, quando parti per l’Inghilterra per
la rappresentazione del Narciso.
Nel 1715 si trasferì a Lisbona al
servizio di Giovanni V, dove compose musica sacra per
cerimonie e occasioni varie, ma non opere.
Ritornò in Italia nel 1724, ma senza lasciare
l'incarico in Portogallo.
Nel 1729, per seguire la corte nei
suoi spostamenti, lo troviamo a Siviglia e poi a Madrid.
Nel
1738 pubblicò a Londra una raccolta di 30 Essercizi per gravicembalo.
L’ultima sua composizione di cui si ha conoscenza è il Salve Regina
del 1756. Tra le sue produzioni sacre di maggior spicco v'è pure da
annoverare una Messa (1754) e lo Stabat mater.
Negli ultimi anni si dedicò all’insegnamento: tra i suoi
allievi, degno di nota è padre
Antonio Soler, discreto
compositore e imitatore dello stile scarlattiano.
"Non
ti aspettare, che tu sia dilettante o professore, di trovare in queste
composizioni un'intenzione profonda, ma piuttosto un'ingegnosa facezia
dell'arte per esercitarti ad un gioco ardito sul clavicembalo"
questo è
l'avvertimento lasciato da Scarlatti al lettore delle sue sonate
del 1738, i famosi Essercizi,
ma è davvero un peccato che egli non ci abbia lasciato, come tanti altri
suoi colleghi, un trattato che ci spieghi le sue teorie "ardite".
Ma qual’è lo stile di Domenico, quello per
il quale è universalmente famoso? Premesso che vogliamo focalizzare la
nostra attenzione sulla sua produzione per tastiera, perché lo stile
esplicato nel canto, nel suo periodo italiano, è profondamente diverso,
decisamente più tradizionale, il suo stile clavicembalistico,
dicevamo, è profondamente originale, immediatamente riconoscibile, e
unico,
precursore di una tecnica e di un linguaggio moderno della tastiera, e in
questo scarsamente assimilabile a quello dei suoi contemporanei.
Lo stile di Scarlatti è brillante e,
sebbene si esplichi in una forma musicale semplice, esprime una varietà e
una ricchezza di invenzione sorprendenti. La quasi totalità delle sue
sonate, infatti, sono strutturate in un solo movimento, che tecnicamente
viene chiamato "Monotematico e bipartito", asservito ad un tempo di danza.
E’ importante notare come siano frequenti i ritmi di danza di origine
spagnola, tipici del folclore Andaluso. E’ un’influenza che si ritrova negli
aggregati armonici, nella predilezione per certi intervalli, nel particolare
clima timbrico, nelle imitazioni di strumenti quali le chitarre o le
castagnette.
Il carattere delle sonate di
Scarlatti è molto personale, a volte "sperimentale" sul piano tecnico: egli
sfrutta a fondo la tastiera, inventando una nuova posizione delle mani,
richiedendo un'eccellente indipendenza delle dita. Alcune sonate sono
addirittura "crudeli", perché prevedono posizioni delle dita innaturali ed
arditi incroci di mani.
Il virtuosismo quindi condiziona sovente la
pagina, ma non danneggia la materia musicale, al contrario la nobilita,
sottolinea le splendide risorse inventive. Il gusto per l’improvvisazione
non è disgiunto da una rigida applicazione del contrappunto; l’impiego di
ornamenti che possono abbellire il discorso non impedisce lo spiegamento di
una contabilità trionfante; il senso prestigioso del ritmo e degli effetti
ossessionanti che esso può raggiungere va di pari passo con la poetica
ricerca di suoni nuovi, di timbri, di registri strumentali impensabili fino
ad allora sul clavicembalo.
In
un’epoca dove Bach compose i suoi preludi e fughe, o le sue partite per
clavicembalo, seguendo lo schema standard della suite di danza, Scarlatti
rifiuta la tradizione, inventa un linguaggio personale: egli non rispetta né
la cornice della suite di danza, né i ritratti musicali e le scene di gusto
francese, come fanno altri grandi clavicembalisti come
Couperin o
Rameau,
distinguendosi perciò in modo radicale dai compositori del suo tempo.
Sacred
Vocal Music
Stabat Mater / Missa breve, "La stella" / Te Deum /
Magnificat
Naxos (1
CD, 2007)
Cantate
Con qual cor mi chiedi pace; Fille, già più non
parlo; Qual pensier, quale ardire; No, non fuggire; Ti ricorda, o bella
Irene + Sonate K. 77, 215, 277
Max Emanuel Cencic, controtenore
Aline Zylberajch (cembalo), Yasunori Imamura (tiorba & chitarra barocca),
Maya Amrein (cello)
Capriccio (1
CD+1 DVD portrait, 2006)
Cantate
d'Amore
Tinte a note di sangue; Dir vorrei; Pur nel sonno almen tal'ora; Scritte
con falso inganno
Max Emanuel Cencic, controtenore
Ornamente 99, dir. Karsten Erik Ose
Capriccio (1
CD, 2002)
Lettere
amorose
Patrizia Ciofi, Anna Bonitatibus
Il Complesso Barocco, dir. Alan Curtis
Virgin (1
CD, 2002)
Tetide
in Sciro
Fundacji Pro Musica Camerata
PMC 030/31 (2
CD)
Iste
Confessor
+ Stabat Mater, Missa Breve "La Stella", Te
Deum
The Sixteen, dir. Harry Christophers
Coro
(1 CD medio prezzo)
Sonate
per cembalo
Sonate K. 1-48
(Vol. I)
Pieter-Jan Belder, cembalo
Brilliant (1
CD basso prezzo, 2000)