Caterina Gabrielli

 

( Roma, 12 o 13 Novembre 1730 - Roma 16 Febbraio 1796 )

 

Soprano

 

Caterina Gabrielli

 

 

Il suo soprannome deriva dalla circostanza che lei era la figlia del cuoco del principe romano Gabrielli, ed assunse quindi l’epiteto di “la Coghetta” e (anche Cochetta, Cocchetta). Tuttavia non si ha la certezza se il cognome Gabrielli fosse stato concesso dal principe protettore oppure appartenesse esso stesso già alla famiglia, cosa che sembra alquanto probabile dal momento che tale nominativo lo portarono pure la sorella Francesca ed il fratello Antonio. Il principe la fece completare gli studi a proprie spese, prima con il Garcia, detto lo “Spagnoletto”, poi con Nicola Porpora. Non sono verificabili di veridicità le due date che segnano il suo debutto di incipit della carriera, una a Lucca nel 1747, come riportato nei “Mémoires” di Goldoni, l’altra a Napoli nel 1750 in altre fonti.
G. B. Mancini invece è l’unico ad affermare, nelle sue “Riflessioni pratiche sopra il canto figurato” edito a Milano nel 1754, che debuttò “sopra uno dei teatri di Venezia”. Ebbene a Venezia la Gabrielli cantò infatti nel 1754 al Teatro S. Moisé nell’ANTIGONA di Galuppi (nel ruolo di Ermione) assieme alla primadonna Livia Segantini. Nello stesso teatro, nel 1755 fu la volta della sua interpretazione de IL SOLIMANO di Domenico Fischietti e l’ASTIANATTE di A. G. Pampani, su libretto di Antonio Salvi. Ma fu proprio a Venezia che fece scoppiare il primo scandalo, che indusse la Serenissima a proibire ai nobili veneti di frequentare la sua casa.
Fu quindi chiamata a Vienna, dove si recò (come si può vedere dalle lettere 814 e 816 di Metastasio nel Volume III delle “Opere Complete”, Milano 1952) nel febbraio 1755, stipulando un contratto triennale cumulativo per lei e la sorella di 2.000 ongari l’anno, con in più le spese per l’alloggio, i vestiti e il titolo di Virtuosa di corte.
Il 5 maggio 1755 ebbe l’occasione di esibirsi al castello di Laxenburg nella DANZA (Nice), l’8 Dicembre 1755 ne L’INNOCENZA GIUSTIFICATA (nel ruolo di Claudia), l’8 Dicembre 1756 ne IL RE PASTORE (nel ruolo di Elsa), tutte opere di Gluck, ottenendo ben presto ad accaparrarsi il favore dell’imperatore Francesco I, che si recava a Teatro solo quando Caterina Gabrielli si esibiva.
Anche in Austria comunque Caterina Gabrielli non tardò molto a far scoppiare un nuovo scandalo.
O a causa della sua condotta o perché veramente l’imperatrice aveva deciso di sospendere gli spettacoli durante la guerra in corso (si veda sempre dalle lettere del Metastasio, volume III, lettera 921), già nel Febbraio 1756 Caterina Gabrielli era in trattative con la corte dì Madrid per una scrittura che, grazie ai buoni uffici di Metastasio, ottenne a condizioni veramente vantaggiose, nel luglio 1757, ma a cui non diede seguito.
Il 1757, per Yorke Long, segnò anche l’incontro fra Caterina con il compositore Traetta e l’inizio della lunga relazione che ebbe con lui (è però inesatto che nel 1757 Caterina Gabrielli abbia potuto interpretare la DIDONE di Traetta a Venezia).
Nel 1758 iniziò a cantare in Italia con maggiore frequenza a Lucca (un DEMETRIO di anonimo compositore), a Padova (stagione di fiera, DEMOFOONTE di Galuppi a fianco del Senesino), a Milano (Ducale, EROE CINESE di Gaetano Piazza e IPERMESTRA di Galuppi) dove nel 1759 cantò di nuovo nel DEMOFOONTE di Antonio Ferradini e nell’ALESSANDRO NELLE INDIE di Ignazio Holzbauer.
Sempre nel 1759 fu anche a Parma dove cantò in IPPOLITO E ARICIA di Traetta, il 9 maggio.
Nel carnevale del 1760 interpretò a Torino l’ENEA NEL LAZIO di Traetta e LA CLEMENZA DI TITO di Galuppi; nell’aprile cantò a Parma I TINDARIDI di Traetta e infine, l’8 ottobre, trionfò a Vienna nell’ALCIDE AL BIVIO di J. A. Hasse e nella serenata TETIDE di Gluck. Nella primavera 1761 fece ritorno a Parma per far parte del cast di ENEA E LAVINIA di Traetta a fianco di Gaetano Guadagni ed il bellissimo sopranista Giacomo Veroli. Giacomo Veroli, futuro “giove” del “Prologo” di Gluck a Firenze nel 1767, non poteva coinvolgere la sensibilità di Caterina, che contemporaneamente non scontentava Gaetano Guadagni. Disgraziatamente coi due musici Caterina voleva cumulare anche un terzo che di siffatta musica non voleva saperne. Il Duca di Parma Filippo di BorboneEra il Duca di Parma in persona, Don Filippo di Borbone, allora quarantenne e testè vedovo (Dicembre 1759). Conferma il musicologo Fétis che la ragione delle continue apparizioni a Parma di Caterina Gabrielli era la relazione con l’Infante Filippo di Borbone, uomo geloso e brutale; Il Duca di Parma era innamorato di Caterina Gabrielli alla follia, rassegnato ai suoi capricci, ma soggetto a tali eccessi di geloso furore, da spingerlo a vie di fatto verso Caterina e non di spada: spesso accadeva che Caterina si ritrovasse prigioniera negli appartamenti ducali ed inveiva contro il Duca chiamandolo “gobbaccio maledetto”. Caterina si stancò ben presto di Don Filippo e scappò a Lucca dove decise di riposarsi per un po’ di tempo.
Nel 1761 ebbe modo anche di cantare a Vienna per l’ultima volta nell’ARMIDA di Traetta, il 3 gennaio), poi a Padova nella ZENOBIA di G. B. Pescetti e nel DEMETRIO di Galuppi, al quale spettacolo volle assistere Goldoni (come riporta una lettera del 4 luglio 1761).
Nel 1762 fu a Lucca, poi a Torino nel carnevale dove interpretò IFIGENIA di F. G. Bertoni e DEMETRIO di G. Ponzo e a Reggio nell’aprile ALESSANDRO NELLE INDIE di Traetta.

Nel 1763 ricomparve nuovamente a Milano per l’ADRIANO IN SIRIA di G. Colla e la DIDONE ABBANDONATA di Traetta, ma a causa della condotta dissoluta, fu espulsa anche da questa città.
Durante soggiorno di nuovo a Parma iniziò una relazione col sopranista G. Veroli, col cui si ritirò per qualche tempo in un luogo segreto per vivere più tranquillamente le passioni amorose.
Caterina era anche una testa matta, un’allegra gaudente, un’indiavolata chiassona e canzonatrice; e cominciò a mostrar il suo carattere prima ancora di arrivare a Napoli, perché, sottoscritto il contratto col Grossatesta, ballerino ed impresario, per la stagione 1763/1764, nel quale risultava pattuito l’onorario di 1.800 zecchini, qualche mese dopo, chissà per qual capriccio venutole nel cervello, gli spedì una letterina da Milano il 26 Marzo 1763, che cominciava con Monsieur e proseguiva testualmente:
“La determinazione presa di entrare in monastero per farmi monaca grazie all’alta assistenza di Dio, fa che non possa adempiere all’impegno incontrato con Vostra Signoria. Così li potrà servire l’avviso per pensare al altro soggetto in mia vece, assicurandola però che, per il rispetto che ho per questo Real Teatro, e per corrispondere al buon genio che Lei m’ha dimostrato d’avermi, ogni qual volta debba di nuovo espormi sopra il teatro, non canterò in altro primacché non abbi cantato in quello di Napoli, se così piacerà a chi comanderà in quel tempo. Fra tanto Lei mi potrà graziare di risposta, la quale servir deve per metterci ambidue in libertà e con ciò annullare le nostre scritture. La supplico di pregare Iddio che mi mantenghi in questa buona e santa vocazione, e con ogni stima mi protesto De vous Monsieur, devotissima serva Caterina Gabrielli.”
Dopo questa lettera, Caterina lasciò Milano e si nascose, non si sa dove: forse davvero in un monastero oppure in un romitorio di amore in compagnia del valoroso sopranista Veroli.
L’improvvisa vocazione era un pretesto per riavere indietro il contratto che aveva firmato; e quando vide che invece ci si opponeva fieramente e duramente, Caterina Gabrielli non parlò più di monastero e al tempo stabilito nel contratto giunse a Napoli, e nel novembre del 1763 cantò nell’ARMIDA musicata da Traetta, e poi nell’OLIMPIADE, musicata invece da Guglielmi, piacendo molto, sebbene la gente ebbe modo di lagnarsi “della libertà che si prendeva di cantare quando le piaceva, caratterizzandola per un altero audace disprezzo”, e del suo variare le arie ad arbitrio, cosa che la fece litigare col compositore Gugliemi.
V’era dunque burrasca per aria, ma Caterina sfidava tutto, quando a complicare la situazione in agosto o settembre fu rimessa al Re una supplica di Carlo Gabrielli romano, non più cuoco del Principe protettore, il quale piativa che

“sua figlia Caterina cantatrice del Teatro Reale tiene una cameriera per nome Rosalba Giannelli, discola ed irrequieta di pessima vita e che ha procreato tre figli, uno che è a Vienna e gli altri due non si sa ove sono se gli abbia buttati via o altro, con aver fatto quattro aborti, uno dei quali un mese fa. Per correggere detta sua figlia è stato sfrattato il supplicante da Vienna, da Torino e da Parma anche per consiglio di detta Rosalba ed ora trovasi cacciato dalla di lei casa senza prestargli neanche l’assegnamento che gli aveva promesso di far fare, onde vedendosi così maltrattato ed ingiuriato per causa di una cameriera, supplica la M. V. a dare il dovuto riparo sull'esposto con ordinare lo sfratto di detta Rosalba e dalla casa della di lui figlia e da Napoli, acciò il supplicante possa convivere colla medesima, senza discussioni ed inquietudini e si levino via tanti disordini, scandali, e peccati.”

Questa supplica fu passata all'Auditore dell'Esercito il 24 settembre 1763 perché avvisasse sui provvedimenti; e difatti l'Auditore, sopracciò della gente teatrale, provvide che la cantante assegnasse al padre 8 zecchini al mese. Ma l'assegno fu pagato soltanto per pochi mesi, onde nel febbraio 1765 nuova supplica del padre contro la figlia, passata al solito Auditore, che questa volta non pare si volesse più ingerire della faccenda.
Ad ottobre 1763 nuovo scandalo, anche se di altro genere:
In un concerto musicale cui la Gabrielli prendeva parte un sostituto dell'Auditore dell' Esercito che vi assisteva per ufficio osservò come fra un pezzo di musica e l'altro “qualcheduno si alzò accostandosi al proscenio a discorrere e scherzare con lei”. Allora mandò un suo ufficiale ad “insinuare alla Gabbrielli che conveniva di stare con serietà e badare al concerto”. Invano. Causa del disturbo era “un inglese del seguito della Gabrielli”. Intimatogli per ordine del Re che tornasse al suo posto, rispose che il suo Re stava in Inghilterra.
L'inglese fu sfrattato dal Regno, ma la Gabrielli restò, e nonostante tutte le noie che dava, venne riconfermata con applauso universale per la stagione 1764/1765 con 2.000 zecchini di paga.
A Napoli Caterina Gabrielli si esibì anche nell’ISSIPILE di Hasse nel dicembre 1763.
La stessa Giunta dei teatri, qualche anno dopo, afferma che la Gabrielli, “oltre a essere soggetto superiore per il suo merito a tutte le cantanti che girano per i teatri più cospicui, si è qui intesa con plauso universale; e se qualche volta non ha cantato secondo il solito, ciò è avvenuto non già per puro capriccio, come crede la gente non intenditrice di musica, ma solo perché la sua maniera di cantare esige fortezza di petto, nettezza di gola, e che lo stomaco e la testa stiano perfettamente sgombri: cose tutte che non sempre si combinano secondo il desiderio".
La Gabrielli si trovava ancora a Napoli durante il flagello della carestia del 1764, cosa però che non impediva alla buona società di recarsi a teatro: impresario del San Carlo dal 1764 in poi, era Giovanni Tedeschi, il ben noto Amadori, già cantante e musicista distintissimo, e si capisce che non se la lasciò scappare. La scrittura fu approvata dalla Giunta dei Teatri “perchè per il merito che ha nella sua professione di cantante ha incontrato il gradimento di tutto il pubblico”.
Anche la Giunta quindi dimenticò presto i capricci scenici della fantastica attrice-cantante.
E non poteva essere altrimenti dopo 1' incredibile successo conquistato dalla Gabrielli nella DIDONE ABBANDONATA: l’abate francese Coyer, descrive la recita della DIDONE di Traetta eseguita nel Carnevale del 1764, musica di Traetta, dove
“la fameuse Gabrielli fait le role de Didon: il faut que le pieux Enée ait bien de la dévotion pour résister aux charmes de sa voix et de sa figure” (sua lettera del 11 Febbraio 1764).
L’abate vide che tutti, quella sera, avevano gli occhi ad un palco dove c’era una giovinetta che le altre dame spettatrici in quel tempo si mostrava in abito di colore e adorna di diamanti: era una “sposa”, ossia una fanciulla della nobiltà che, coperta delle pompe e vanità del mondo, veniva a dare ad esse l’addio per chiudersi in chiostro. L’abate assistette il giorno dopo alla vestizione ed udì nella cerimonia cantare il Caffarelli.
Nel 1764 la Gabrielli si esibì anche nella NITTETI di A. Mazzoni. Poi nell'agosto del 1764 Caterina ammalò e fu sostituita dalla solita Francesca, a Napoli vista per sorella di lei. Anch'essa incontrò il gusto del pubblico, che la rivide con piacere più tardi (1765/1766) nel CRESO del Sacchini e nel RE PASTORE del Piccinni con la prima donna Girelli e il celebre contraltista Aprile.
Caterina, che nel dicembre 1764, perfettamente rimessa a nuovo, nel per la stagione 1764/1765, cantò in qualità di Marzia nel LUCIO VERO di Sacchini, nel CATONE IN UTICA di J. Chr. Bach e nel CAIO MARIO di Piccinni.
Poi. improvvisamente nella seguente stagione del 1765/1766 non prese parte, anche se rimase a Napoli, rifiutando, col mettere innanzi richieste esorbitanti, le domande giuntegli da Pietroburgo e da Berlino, oltreché da varie città d’Italia. Diceva di volersi riposare a Napoli, ma sostanzialmente sembra che qui fosse innamorata di un uomo, da cui le sarebbe stato doloroso staccarsi: una nuova relazione amorosa con un giovane gentiluomo napoletano la allontanò dalle luci del palcoscenico: da lui non voleva separarsi (come risulta dalle lettere di Lalande in “Voyage en Italie”, Parigi 1776, V, pagine 444-445).
Ma Napoli non poteva far a meno della sua Gabrielli onde il furbo Amadori la scritturò di nuovo per il 1766-67, deducendo nella sua proposta come “oltre all' esser soggetto superiore per il suo merito a tutte le cantanti che girano pei teatri più cospicui, si è qui intesa con plauso universale, e se qualche volta non ha cantato secondo il solito ciò è avvenuto non già per puro capriccio, come crede la Giunta, non intesa di musica, ma solo perchè la sua maniera di cantare esige fortezza di petto e che lo stomaco e la testa siano perfettamente sgombri, cose che non sempre si combinano secondo il desiderio”.
Nella stagione 1766/1767 quindi riprese a cantare al S. Carlo, insieme con la sorella Checca o Francesca Gabrielli e col tenore Raaff ed altri bravi cantanti; interpretando l’ANTIGONO di G. Scolari (nel maggio), il GRAN CID dell'abate Pizzi, romano, musicata da Piccinni (novembre), il VOLOGESO di Sacchini (dicembre) e, il 20 Gennaio 1767, il BELLEROFONTE di un console Giuseppe Bonechi, musicato da J. Myslivecek, detto il boemo e anche si sa suo compositore preferito.
Ma ecco che nuovamente Caterina Gabrielli venne espulsa da Napoli con la sorella Francesca per ragioni di moralità: dopo queste opere infatti quando l’impresario s’accingeva a rinnovare il contratto per la stagione 1767/1768, venne ordine da parte del Re di prendere un’altra prima donna al posto di Caterina Gabrielli: il ministro Tanucci scriveva al margine in nome del Re: ”Il Re dsice che si proponga altra in luogo della Gabrielli”. Non fu sufficiente, anche perché la Giunta insisteva per l’approvazione, ma ad un certo punto intervenne un ordine esplicito del Re che si rompessero le trattative colla Gabrielli, che non doveva più esser appaltata per il San Carlo per le note Ragioni. Pare che vi fosse un conflitto diplomatico, simile a quello verificatosi a Vienna: il cavaliere di Goudar, che degli scandali di Napoli ne doveva sapere molto, scrive alla Gabrielli: “On sait son aventure de Naples, ou elle reçu des coups d’un Ministre”. Ma le vere motivazioni sono sconosciute: si può teorizzare che questa decisione non dipendeva dal fatto che il suo canto fosse venuto a noia, come alcuni hanno pensato: la ragione del divieto poteva dipendere dal numero e dalla quantità dei subbugli e degli intrighi che Caterina Gabrielli creava a Napoli, nell’alta società del posto e sembra dipendere anche nell’allarme che diedero certi segni di favore e di attrazione per lei che si notavano nel giovanissimo re, affidato alla responsabilità del ministro Tanucci. Insomma il risultato fu che sia Caterina Gabrielli che Francesca Gabrielli furono solennemente bandite per sempre da Napoli.
Così nel 1768 Caterina Gabrielli andò a Torino e per il carnevale cantò nel TRIONFO DI CLELIA di Mysliveilek e CRESO di P. Caffaro; poi, sempre nel 1768, essendosi venuto a sapere che le due sorelle Gabrielli si recavano a Palermo e, nel passare per Napoli, intendevano soffermarvisi, si temette il “rinnovamento colla loro presenza qui di quegli scandali e romori, dei quali erano state esse cagioni per lo passato”, e si diedero ordini severi affinchè non posassero piede a Napoli. Per altro, le due ardite scesero a Baja, e quando fu ordinato di arrestarle, riuscirono a fuggire attraverso gli aiuti e gli avvisi opportuni, che non mancano mai a tal specie di donne.
Quindi Caterina si esibì al teatro S. Cecilia di Palermo (nell’arco di tempo compreso fra giugno e dicembre interpretò l’ACHILLE IN SCIRO di J. G. Naumann e IL VATICINIO DI CARMENITA di G. Astaritta).
A metà Maggio 1769, al ritorno da Palermo, Francesca Gabrielli scese all’albergo degli Inglesi a Chiaia; questa volta non riuscì a farla franca e questa volta fu arrestata davvero e riportata al confine: tanto era il disprezzo che invano per più anni poi pregò e supplicò affinchè le si permettesse di ritornare a Napoli, prendendo come pretesto il fatto che colui, che i calunniatori le davano per amico, era morto.
Caterina Gabrielli invece a fianco di Pacchierotti e Campanucci, fu nell’estate 1771 al Teatro Santa Cecilia di Palermo dove le chiacchiere su di lei non tardarono a circolare e farsi sentire: infatti Caterina Gabrielli era ostile al viceré marchese Fogliani, e non si trattenne di far trapelare questa sua antipatia evitando di dargli rispetto: fu scortese in ogni occasione, finchè il vicerè fu costretto a imprigionarla, e la cosa si ripetè per ben 3 volte: da un Diario inedito del parroco Gaetano Alessi, si sa che sempre per non aver voluto cantare fu di nuovo imprigionata il 17 Novembre. Non basta, poiché poi si legge nel Diario del marchese di Villabianca:
“Carnevale del 1771. Il carnevale di quest’anno riuscì freddissimo. Vi furono le opere in musica nel teatro di santa cecilia rappresentato avendovi la virtuosa madama la Gabriella, detta la Cuochetta. E sia solamente cosa degna di nota queste mie carte la carcerazione subita della cennata Cuochetta in pena di essersi negata una volta a cantare in scena col dire: “Piuttosto piangere mi possono fare che cantare”.
Più tardi Casanova la incontra a Roma, dove Caterina si riposava albergata “chez Roland vis-à-vis Saint Charles”, corteggiata dal principe Battista Borghese: qui vi rimase probabilmente fino all’Ottobre del 1771 quando passò a Milano dove Mozart ebbe modo di ascoltarla.
Grazie all’invito di Traetta, con un contratto stipulato per un ingaggio che doveva durare per 3 anni, partì per la Russia, debuttando a Pietroburgo nel 1772 in una ripresa de L’ISOLA DISABITATA (nel ruolo di Costanza), poi nella prima esecuzione dell’ANTIGONA (11 novembre come protagonista), entrambe di Traetta.
Un impresario teatrale italiano in alcuni appunti presi nel 1772 scrive:
“La Gabrielli è impegnata per 3 anni a Pietroburgo; questi benedetti moscoviti ci rubano tutte le nostre primedonne. Il disgustoso per noi è che le pagano assai, di modo che quando ritornano di là domandano delle gran paghe che per il più rovinano gli impresari; però finito che sia il suo tempo, conviene scritturarla. E’ vero che ha degli anni, ma non importa, è sempre una grande virtuosa, massimamente dopo un certo motivo che le ha schiarito la voce della metà”.
Per un anno circa rimase lontana dalle scene a causa di una gravidanza, secondo la velatissima allusione in J. Sonnette (A. Goudar), “Le brigandage de la musique italienne”, Parigi 1777:
“Mademoiselle Gabrielli ch’ante bien, mais chanterais mieux si elle n’avait en dernier lieu un petit opéra en Russie qui lui gata la voix. La piéce était si naturelle qu’elle était parlante.
On dit qu’il est de la composition d’un jeune Milanais qui entend parfaitement cette partie de la musique que nous appellons la battuta”.
Nel Settembre 1773 ricomparve nella prima esecuzione di AMORE E PSICHE di Traetta.
Nel 1774 interpretò il LUCIO VERO di Traetta e diede molti concerti nella residenza imperiale di Carskoe Selo. Sfruttando il fatto che Londra le aveva offerto l’imponente cifra di 1.800 ghinee per lei e 300 per la sorella Francesca, Caterina Gabrielli pretese per il rinnovo del contratto in Russia l’enorme cifra di 10.500 rubli; Indispettita naturalmente la zarina Caterina II dovette dar ordine di licenziarla, suo malgrado dal momento che ammirava la sua arte e la sollazzavano le bizzarrie della cantante.
Caterina Gabrielli quindi, vinte le sue posizioni – vedi lettera dell’inglese Patrizio Brydone - fu a Londra quindi nell’interpretazione del pasticcio DIDONE ABBANDONATA di Antonio Sacchini: divenne l’idolodei musicofili inglesi, sbaragliando tutti con la sua “Son regina e sono amante”.

“Son Regina e sono amante
E l’impero io sola voglio
Del mio soglio e del mio cor.
Darmi legge invan pretende
Chi l’arbitrio a me contende
Della gloria e dell’amor.”

Che un po’ riassume la sua vita, spesa fra 35 anni di avventure e 15 di calma, poiché il succo dell’aria può riassumersi così:”Sono artista sovrana e donna ultrapossente, né conosco altro padrone che il mio capriccio”.
Quindi si esibì ancora, l’11 Novembre 1775, ne LA VESTALE di M. Vento, il 6 Febbraio 1776, ne LE ALI D’AMORE di V. Rauzzini il 29 Febbraio, nel CAIO MARIO di Piccinni, il 20 Aprile e nel pasticcio ANTIGONO, il 18 Maggio.
Nel 1778 si esibì a Lucca, per le feste del Volto-Santo (agosto-settembre) in un’opera teatrale di compositore sconosciuto, ARMIDA, e nell’1780 alla Scala di Milano nell’ARMIDA di Myslivecek: benché oramai 50enne, continuò spavaldamente a tener testa al sopranista Luigi Marchesi, tanto che gli infuocati sostenitori dell’una e dell’altro arrivarono a incrociare le spade.
Nel 1780 fu poi a Venezia, nel teatro di san Benedetto, nel cast della NITTETI di P. Anfossi e nella stagione del carnevale 1781/82 ZEMIRA di Anfossi e ARBACE di G. B. Borghi, entrambe interpretate con accanto la sorella Francesca ed i tenori Domenico Mombelli e Matteo Babbini: ma queste interpretazioni iniziarono a rivelare una decadenza vocale della diva.
Luigi Ballarini, il 29 dicembre 1781, scrive:
“La Coghetta ha perduto il fiato e non si sente” (da P. Molmenti, “Epistolari veneziani del secolo XVIII”, Palermo, 1914).
Caterina Gabrielli di certo non era donna che nascondesse a se stessa i segni del proprio decadimento; lasciò quindi definitivamente il teatro, ritirandosi a Roma nel Palazzo Cesarini, in via dei Banchi Nuovi ove si godette le proprie ricchezze.
Dei 15 anni in cui lei soggiornò a Roma, non vi sono notizie certe se non quella della sua morte, attestata nel Registro della parrocchia di San Celso, in cui si legge:

“17 Febbraio 1796
Ieri, munita dei soccorsi della nostra santa Religione, morì la celebre virtuosa di canto Catterina Gabrielli e fu sepolta nella nostra chiesa. Morì nel suo appartamento al primo piano di palazzo Cesarini in via Banchi nuovi. Era nata nel 1730, per quanto mi ha assicurato la signora Nanna sua sorella”.
“Bella, sebbene alquanto piccina di statura, e con lieve strabismo all’occhio destro” in questo modo la dipinge Benedetto Croce sulla scorta di documenti contemporanei. A confermare senz’ombra di dubbio l’avvenenza di Caterina Gabrielli ci sono i giudizi concordi dell’abate Coyer, Metastasio, Patrizio Brydone, Charles Burney e di molti altri, e naturalmente le frequenti e focose passioni che lei ispirò.
Di lei si può dire che non fu esente da alcuno dei vizi delle primedonne del XVIII° Secolo: ambizione sfrenata, sfacciataggine, sregolatezza, amoralità e dissolutezza (non si conta il numero dei suoi amanti) e grandissima avidità di denaro.
Ma il demonio non è così brutto come si dipinge, infatti ad attenuare il quadro, oltre al gran talento canoro che indubbiamente ebbe, Caterina Gabrielli seppe esser però generosa dimostrandosi molto caritatevole: durante la prigionia alle Carbonie palermitane allietò con banchetti i compagni di sventura, e arrivò persino a pagare i debiti ai più disgraziati.
“Testa matta, allegra gaudente, indiavolata chiassona e canzonatrice” così la definisce ancora Benedetto Croce, sapeva farsi perdonare dai potenti le sue scapestrataggini e le sue bizzarrie, proprio grazie ad un carattere davvero stravagante e simpatico.
Burney, che ebbe modo di incontrarla a Londra sul finire della carriera, ne elogiò il comportamento da matrona romana, giudicandola “la più intelligente ed educata virtuosa con cui egli avesse mai dialogato”.
Algarotti la definì “gentile, dotta e armoniosa” (cosa anche riportata da Ademollo nelle numerose lettere inviate dalla Gabrielli ad Agnese Colonna Borghese).
Voci in netta opposizione a questi giudizi lusinghieri, Brydone vide nel suo carattere “uno scudo contro le seduzioni del suo canto e della sua persona” (come si può leggere in “A Tour Through Sicily”, Londra 1773 e 1776).
Il fatto è che il Carattere di Caterina Gabrielli rappresentava una vera eccezione per l’epoca, ad eccezione però del grande Caffarelli: si potrebbe dire che Caterina Gabrielli poteva rappresentare la versione femminile di questo grandissimo sopranista. Questa eccezionalità era talmente risaputa che quando si recò in Inghilterra il pubblico, malamente prevenuto, la accolse con intensa ostilità.
Si è incerti se dare una valutazione univoca ai suoi capricci: erano motivati dal calcolo deliberato, come la sia accusava allora, oppure per una disposizione psichica estremamente instabile, sulla quale confluivano con particolare prepotenza le circostanze sentimentali ed ambientali?
Carlo Goldoni, nelle sue “Memoires” scrive “La charmante Caterina Gabrielli faisoit les délices de ce spectacle harmonieux. Elle étoit de bonne humeur...”
Brydone stesso ammette che “non sempre da capriccio proviene il rifiuto di cantare; vi sono cause fisiche per le quali essa ne diviene incapace”.
Della sua voce, che fu generalmente portata alle stelle da quanti la udirono cantare, Metastasio dice che era di “qualità e quantità senza uguali” in una lettera del 18 Dicembre 1755, mentre Lalande testimonia che giungeva dal si bemolle fino al do e in falsetto fino al fa, e che era di qualità rarissima per pienezza, dolcezza, uguaglianza e leggerezza (“faite pour etre au dessus des rossignols”), tale infine da nuocere indirettamente a tutte le cantanti d’Italia che, non possedendo i suoi mezzi, cercavano di imitarla.
Altro pregio artistico di Caterina Gabrielli fu certamente le sue qualità eccezionali di attrice e a tal proposito unanimi furono i giudizi: sappiamo da Metastasio che ella seguì intelligentemente i consigli che le diede Vittoria Tesi, e Brydone afferma che alla sua educazione scenografica contribuì lo stesso Metastasio, e la giudica stupenda nel recitativo:
“Poche parole di un suo recitativo con accompagnamento semplicissimo, suscitano un’emozione giammai prodotta da alcun altro cantante”. Della stessa opinione c’è pure una testimonianza del letterato J. W. Heinze sulla sua interpretazione in Russia dell’ANTIGONO di Traetta.
Le sue grazie seppero conquistare alcuni tra i più importanti letterati italiani del XVIII° secolo: infatti, oltre a Metastasio e Algarotti, hanno espressioni di intensa ammirazione per Caterina Gabrielli, Frugoni e Parini. Parini arrivò ad indirizzarle anche 4 sonetti, 3 dei quali pubblicati con altri componimenti di D. Balestrieri, P. D. Soresi, A. Tanzi, A. T. Villa, etc. in 2 raccolte di omaggi poetici a lei dedicati, usciti a Milano nel 1758 e 1759.


 


 

Caterina Gabrielli, tra V.Maffoli sx, D. Mombelli dx e C. Babbi

Caterina Gabrielli, tra V.Maffoli sx, D. Mombelli dx e C.. Babbi

 

 

Sonetti per Caterina Gabrielli

Gli Antenati dei Gabrielli 

 Antonio e Francesca Gabrielli

 

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A cura di  Arsace

 

www.haendel.it

 

Ultimo aggiornamento: 17-10-21