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La regina
Cristina di Svezia visse in
esilio a Roma dal 1654 fino alla morte, sopraggiunta nel 1689.
L'illuminata
sovrana
accoglieva regolarmente nel suo palazzo le migliori menti e i migliori
artisti dell'epoca, organizzando delle riunioni settimanali davanti agli
influenti cardinali
Benedetto
Pamphilj e
Pietro Ottoboni; tra i musicisti si ricordano
Alessandro Scarlatti,
Arcangelo Corelli e
Bernardo Pasquini, che godevano di una
particolare
protezione da parte della sovrana.
" Nessuno pensava che la diciannovenne
regina, capace di passare una giornata intera a cavallo e di conversare con
i sapienti dell’epoca, sarebbe stata la donna più ammirata e calunniata
d’Europa, un vanto e uno scandalo vivente. Chi non la conosceva la trovava
strana, con quei capelli in disordine, le mani sporche d’inchiostro e una
spalla più alta dell’altra. Pur essendo piccola, non portava le alte
calzature delle dame di corte, ma scarpe basse maschili di marocchino nero.
La voce poi poteva diventare a tratti dura e maschile. Nessuno però poteva
negare l’ardore dello sguardo e la pensosa dolcezza del viso. Parlava il
latino, il greco, il francese e il tedesco.
Le piaceva ascoltare i filosofi e i teologi, ma solo raramente esprimeva le
sue opinioni. A caccia era un’ottima tiratrice, ma a tavola mangiava in
fretta, distrattamente. Cartesio, che aveva accettato nel 1649 l’invito
della regina, era stato stroncato dalla sua abitudine di convocarlo ogni
mattina alle cinque nella gelida biblioteca reale per dialogare con lei.
Cristina non disdegnava gli uomini, ma diceva sempre
che avrebbe preferito la morte a un marito. «Sposarmi per me è impossibile.
Ho spesso chiesto a Dio di darmene la voglia, ma non mi è mai venuta».
D’altronde non aveva il minimo desiderio di avere figli. Era convinta che,
in ogni caso, avrebbe partorito un mostro.
La Pallade del Nord, come veniva chiamata, preferiva a quella maschile la
compagnia di Belle, una giovane aristocratica malinconica e avvenente.
«Questa è la mia compagna di letto» spiegò al perplesso ambasciatore
inglese. Poi, fingendo di tranquillizzarlo, aveva aggiunto che l’anima della
sua protetta era bella come il suo corpo.
Nel 1652, l’anno in cui Belle si sposò, Cristina si
convertì segretamente al cattolicesimo: un atto che meditava da tempo.
Detestava il rigore dei protestanti. Una serie di gesuiti, ammessi alla
corte come interpreti, aveva tessuto intorno alla regnante una delicata
trama, spingendola alla conversione. La decisione era maturata durante una
terribile febbre che l’aveva spinta sull’orlo della tomba. Cristina aveva
fatto voto di consacrarsi a Dio se fosse rimasta in vita. Il suo profondo
orgoglio le rendeva impossibile nascondere la sua fede cattolica, ma non
poteva abiurare e così, a ventisette anni, dopo dieci di regno, rinunciò
alla corona per essere libera. Uno dei suoi motti era “incomparabile” e cosa
poteva essere più incomparabile dell’avere abdicato? L’anno della sua
professione di fede, il 1655, incontrò il papa in Vaticano. Una stimata
regina che rinunciava al trono per abbracciare la vera fede era una vittoria
incalcolabile per i cattolici.
Superata l’ebbrezza del momento, Cristina si buttò in
una serie di intrighi con Mazzarino e la corte di Francia. Voleva mantenere
un potere occulto e ottenere dall’Europa cattolica una ricompensa per il suo
gesto: il regno di Napoli. Inoltre spendeva molto e solo la Francia poteva
elargirle quello di cui aveva bisogno. Rovinò tutto facendo pugnalare un suo
amante, Monaldeschi, che l’aveva tradita in un complotto, a Fontainebleau.
Nel suo palazzo romano, l’esule viveva come una
regina, dedicandosi all’alchimia, alla chimica e all’astrologia, circondata
da studiosi e cardinali.
Legata a letterati e sapienti, creò una serie di accademie. La sua
ricchissima biblioteca fu la base della Biblioteca Alessandrina. Aveva
scritto delle memorie “dedicate a Dio’ che si fermavano al decimo anno d’età
e delle massime meravigliose. Fare del bene a un essere umano, aveva
scritto, è come accarezzare una pantera.
Cristina intervenne per difendere dalle persecuzioni i
più famosi convertiti al cattolicesimo, ma non esitò a protestare con Luigi
XIV per quelle ai protestanti francesi. Malgrado l’abdicazione, continuava
infatti a sentirsi sua pari. La sua fierezza la rendeva goffa e inopportuna
nelle dispute diplomatiche. I prelati non apprezzavano la sua ironia
sull’ipocrisia bigotta della corte vaticana. Ma Cristina amava un giovane
cardinale, Decio Azzolino. «Voglio vivere e morire schiava vostra» gli aveva
scritto e nel conclave del 1670, divenne l’agente fedele delle ambizioni di
Azzolino.
Morì serenamente dopo una crisi di rabbia: un prelato
aveva osato insidiare una delle fanciulle che prediligeva. Aveva ordinato
ventimila messe per il riposo della sua anima. Fu sepolta solennemente a San
Pietro con la corona in testa e lo scettro in mano. Aveva lasciato tutto al
cardinale Azzolino come «dimostrazione d’affetto, di stima e di
gratitudine», ma l’erede morì due mesi dopo di lei. " [testo tratto da
uno scritto di G. Scaraffia]
La tomba di Cristina di Svezia
Filippo Lauri e Filippo
Gagliardi,
la 'Giostra delle caroselle',
dipinto raffigurante i
festeggiamenti a Palazzo Barberini nel 1656 in onore della Regina Cristina
di Svezia giunta a Roma
A cura di
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