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Geminiani
Francesco Saverio (non usò mai il secondo nome, che compare solo nell'atto di
battesimo), è figura piuttosto trascurata ai giorni nostri; ma dai
suoi contemporanei era
invece molto
apprezzato, per le sue
molteplici attitudini musicali, nelle quali si distinse sempre ai massimi
livelli, sia come compositore,
che virtuoso del
violino,
che pedagogo e teorico. In
particolare in Inghilterra era stimato alla
pari
di Handel e Corelli.
Non è nota la sua esatta data di
nascita, ma si sa che fu battezzato il 5 dicembre 1687 a Lucca.
Probabilmente venne
avviato agli studi musicali
dal padre Giuliano, violinista della
Cappella Palatina di Lucca.
La sua formazione
proseguì col
violinista
milanese Carlo Ambrogio Lonati.
A Roma, dove soggiornò per qualche
anno, si perfezionò sotto la guida di
Arcangelo Corelli,
e,
a detta del Dr.
Burney,
anche di
Alessandro Scarlatti.
Divenne uno dei più grandi virtuosi di violino del suo tempo.
Dal
1707 rimpiazzò il padre
alla Cappella Palatina,
incarico che dovette lasciare nel 1710 a causa delle sue frequenti assenze.
Nel 1711 divenne primo violino e direttore
dell'orchestra del teatro dell'Opera di Napoli, ma pare
(fonte
Burney) che il suo modo
"furibondo" (secondo
Tartini) di suonare
il violino, non fosse gradito, e che il suo modo
rapsodico
di dirigere l'orchestra generasse
confusione, tanto che i strumentisti non erano capaci di seguire i suo
tempi, e venne così declassato alla sezione delle viole.
Geminiani, deluso dall'esperienza
napoletana, ritornò per un breve periodo a Lucca, fino a quando, nel
1714, decise di tentare la sorte
partendo per
Londra, in quel periodo terra di conquista per
i richiestissimi musicisti italiani, scelta che non poteva rivelarsi più
azzeccata:
potendosi fregiare dell'onore di esser
stato un allievo di Corelli, la cui musica strumentale era in quel periodo
il punto di riferimento in Inghilterra,
Geminiani
si vide aprire tutte le porte,
ottenendo
immediato successo ed
importanti appoggi,
a giudicare dai nomi dei dedicatari delle sue opere:
il Conte di Essex, la Duchessa di Burlington, la Duchessa di Marlborough, la
Contessa d'Orrery, e in particolare il Barone Johann Adolf Kielmansegg,
ciambellano del Re
Giorgio I. Secondo
Sir John
Hawkins, Geminiani
«
in breve tempo si segnalò a tal punto per le sue squisite interpretazioni
che tutti coloro che professavano di comprendere o amare la musica, furono
spinti ad andarlo ad ascoltare, e tra i nobili ve ne furono molti che di
frequente si sentirono onorati di fargli da patroni...
». Ancora Hawkins
riferisce come
il
monarca
stesso «
invitò a suonare a corte il virtuoso violinista Francesco Geminiani, il
quale accettò di suonare solo se accompagnato al cembalo da Handel. Al
termine gli elogi furono per entrambi, anche se tutti sapevano che solo il
sassone avrebbe potuto stare alla pari del brillante Geminiani e accettare
tutte le sue licenze ritmiche
».
A parte questo aneddoto non si hanno testimonianze di altri rapporti
diretti fra i due compositori, attivi a
Londra
nello stesso periodo.
Nella capitale inglese Geminiani
svolse un'intensa attività di
concertista e
d'insegnante. Tra i suoi allievi si
ricordano il violinista Matthew Dubourg, che condusse l'orchestra al primo
spettacolo a
Dublino del Messiah
di Handel, Michael Festing, in seguito Master of the King's Musick, e
il noto compositore di concerti Charles Avison.
Si dedicò inoltre alla composizione, pubblicando
due raccolte di
Sonate per violino, una per
violoncello, due per clavicembalo, tre di
Concerti Grossi, la musica di scena
The Inchanted
Forrest,
e un discreto
numero di elaborazioni e trascrizioni di proprie musiche e di Corelli.
Come il
suo maestro,
Geminiani si dedicò esclusivamente al genere strumentale,
trascurando totalmente quello vocale, e
dimostrò una predilezione per la forma
del Concerto Grosso: ce ne ha lasciati venticinque di suoi, più un'altra
dozzina mutuati da Corelli.
Iniziò
a dare alle stampe le sue composizioni
nel 1716 con le 12 Sonate per
violino, op. 1, dedicate
al suo protettore
Kielmansegg,
che
«
ebbero un tale effetto, che la gente
prese a chiedersi, senza poter risolvere il dilemma, quale fosse la qualità
in cui Geminiani raggiungeva le vette dell'eccellenza: la sua finezza come
esecutore, la sua abilità tecnica, oppure il buon gusto del suo stile, nelle
sue composizioni
»
(Hawkins).
Trascorsero ben dieci anni, durante i quali poco si sa
della sua attività, se non che si buttò sul collezionismo e il commercio di
quadri, passione trasmessagli da Corelli, anch'egli collezionista di
ritratti ad olio; passione bruciante, che lo travolse, non tanto perché
arrivò ad affermare che "amava più la pittura che la musica", quanto perché
lo portò diritto in carcere a causa dei debiti accumulati. Ma grazie alla
magnanima
intercessione
del Conte di Essex
venne infine rilasciato...
Geminiani ritornò agli
onori delle cronache musicali nel 1726, quando
pubblicò un
arrangiamento per Concerto Grosso delle prime sei sonate per violino op. 5
di Corelli, un chiaro tributo al suo celebre maestro, e che Geminiani volle
dedicare nientemeno che al monarca Giorgio
I. L'operazione riscosse un tale successo che tre anni dopo
pubblicò
la seconda serie (nn.
7-12), con la celebre
Follia,
che rimane uno dei suoi lavori più eseguiti ai giorni nostri,
a suggello
finale
della raccolta. Va detto, che rispetto alla prima serie, qui Geminiani non
intervenne che marginalmente sulla rielaborazione del
testo originale del maestro di Fusignano, limitandosi a creare una
sonorità più ampia.
Nel 1728
il Conte di Essex
caldeggiò la candidatura di Geminiani a Maestro e Compositore di Musica di
Stato in Irlanda,
carica
che però gli fu negata, in quanto cattolico, e onore
che toccò così al suo allievo Dubourg.
L'apogeo compositivo di
Geminiani si concretizzò con la
pubblicazione di
due raccolte di Concerti Grossi, l'opp.
II
e III, entrambe del 1732, che ebbero un
clamoroso successo, soprattutto la seconda. Addirittura
Charles
Burney,
che fu
il
critico più irriducibile del
lucchese,
disprezzandone sia lo stile
musicale che la personalità (forse a
causa di uno sgradito
episodio), riconobbe che
i concerti op. III
«
affermarono le sue caratteristiche, e lo posero alla testa di tutti i
maestri allora viventi, in questo genere di composizioni
».
Con essi la sua fama crebbe: Hawkins,
appassionato sostenitore
di
Geminiani, lo
definì come "uno dei musicisti più eccellenti apparsi in questi ultimi
anni";
Jonh Morgan, compositore di una certa
fama nell'Inghilterra dell'epoca, affermò: «
io non credo ciecamente in nessun altra
divinità
»; e per
Charles Avison
Geminiani era
«
il massimo faro della musica
strumentale
».
Geminiani mise così in seria
discussione la supremazia concertistica di Handel a Londra. La reazione del
Caro Sassone si concretizzò
nella
primavera
del 1734 quando uscì
la sua
prima raccolta di composizioni orchestrali, i
Concerti Grossi op. 3,
che ottennero altrettanto successo.
In ogni modo i concerti dell'op.
III divennero i lavori
di Geminiani
più noti
in Inghilterra,
eseguiti fino all'inizio dell'800,
persino raccomandati per lo studio dai maestri di composizione.
In genere, lo stile di questi concerti
si contraddistingue per una tessitura piuttosto alta e per la presenza di
passaggi virtuosistici di considerevole difficoltà tecnica. Ma, assieme a
quelli dell'op. II, ciò che li differenzia tangibilmente dai concerti di
Handel e da quelli del
modello ispiratore per entrambi,
Corelli, è
l’inserimento, fra
i
solisti
del concertino,
di un quarto strumento,
la viola,
con la conseguente
realizzazione di un vero e proprio quartetto d’archi:
la viola,
intraprendendo una parte indipendente,
amplia le risorse armoniche del concertino,
arricchendone il timbro e
svolgendo talvolta una funzione melodica non
indifferente. Va detto che il primo a sperimentare questo
procedimento
non fu
Geminiani,
ma
Giuseppe Valentini, con la sua
raccolta di concerti grossi op. VII del 1710, che il lucchese probabilmente
conosceva.
Geminiani fu autore di un'altra serie di
Concerti Grossi,
l'op. VII del 1746, dedicata "alla celebre Accademia
della buona ed antica musica", quell'Academy of Ancient Music di cui era
membro fondatore. Questi sei concerti si caratterizzano rispetto ai
precedenti per una sonorità più densa, un arricchimento strutturale
non convenzionale
delle parti, ottenuto con l'aggiunta nella
strumentazione di un fagotto e due flauti, e soprattutto con l'inserimento
di un'altra viola, stavolta nel ripieno, che si confronta con quella del
concertino:
questo è l'importante
innovazione generalmente riconosciuta al
maestro lucchese, che influenzò da quel
momento in avanti il genere del
concerto grosso.
L'operazione
però non sortì l'effetto
sperato: il pubblico non gradì affatto i concerti dell'op. VII, ritenendoli
"laboured,
difficult, and fantastical" (Burney),
e tale
insuccesso fece riemergere certe
critiche sull'effettivo valore di Geminiani: divenne
così materia di discussione, ben al di là della sua morte, se egli fosse "as
much innovator as imitator" (David D. Boyden); se il suo stile "si era
sviluppato notevolmente in confronto a quello di Corelli diventando
espressione viva e moderna" (Riemann-Einstein); se egli era un compositore
"estremamente severo e preciso" (Ernst Ludwig Gerber); se era solamente uno
di quei compositori la cui pur ammirevole originalità era oscurata da
tangibili difetti. Ma
nemmeno
Burney
poté rifiutarsi di definirlo "un
grande maestro dell'armonia", e in una lettera del 1781
ammise
che "Handel, Geminiani e Corelli erano
i soli dei della mia gioventù".
Forse un po' deluso da certe critiche, Geminiani
decise di prendersi una vacanza dal pubblico londinese, che "stimava più la
mano che la testa, più l'esecuzione che la composizione", e viaggiò in
Irlanda, nei Paesi Bassi e a Parigi, dove i suoi concerti grossi erano
particolarmente apprezzati ed eseguiti di frequente all'apertura dei
Concert Spirituel.
Degna di nota di quel
periodo, è la musica scritta da
Geminiani per lo spettacolo teatrale
La Forest
Enchantée,
dell'architetto e
"regista" Giovanni Niccolò Servandoni (1695-1766),
rappresentato a
Parigi nel 1754 al "gran Théatre du Palais des Thullleries". L'azione
coreografica, ispirata al XIII
canto
della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, venne tradotta in
musica da Geminiani in uno stile assimilabile al concerto grosso, come se il
compositore, ormai anziano, non fosse in grado di affrancarsi dal genere che
meglio conosceva affrontando per la prima volta quello teatrale. Comunque
sia, lo spettacolo, nonostante la profusione di effetti sceneci ottenuti con
macchinari, effetti prospettici, pittorici e illuminotecnici, fu un
insuccesso, e non si sa in che misura vi contribuì la musica, visti alcuni
commenti poco lusinghieri che ne seguirono: nella recensione di Friedrich
Melchior von Grimm, del 15 aprile 1754, si legge che la pantomima "è
accompagnata da una brutta musica composta da Geminiani che dovrebbe
esprimere le differenti azioni". Due anni più tardi Geminiani ne curò la
pubblicazione in una versione da concerto, che però
non ebbe successo, come del resto tutte le composizioni successive all'op.
III.
Geminiani non pareva mai soddisfatto del risultato
ottenuti e si
prodigava in continue rielaborazioni e trascrizioni di proprie musiche,
tanto che Veracini
non esitò a catalogarlo trai i "rifriggitori".
Frutto di uno di
questi processi fu la revisione del 1755 dei suoi
vecchi concerti dell'opp. II e III, con l'aggiunta di una seconda viola nel
ripieno e l'eliminazione di quella solista del concertino.
Burney
ci racconta come, per queste trascrizioni, egli stesso prestò
a
Geminiani la sua copia dell'edizione
del 1732, in quanto, incredibilmente, il maestro non possedeva più
l'originale, ma sembra che il
lucchese non gli restituì mai il
manoscritto... forse proprio a causa di questo episodio, Burney gli riservò
nei suoi scritti parole ben poco
lusinghiere, attribuendogli "doppiezza" e "volontà d'ingannare".
Le altre composizioni date alle stampe da Geminiani,
oltre a quelle citate,
sono l'opp. IV
(1739) e V
(1747),
che sono delle raccolte di sonate per violino e per violoncello,
rispettivamente, e due raccolte di Pièces de Clavecin (1743 e 1762).
Geminiani si distinse anche nella scrittura di ben
sei trattati di teoria musicale,
tecnica violinistica, clavicembalistica, etc:
• le Rules for
Playing in a True Taste,
pubblicato
nel 1748;
• A Treatise
of Good Taste in the Art of Musick del 1749;
• l' Art of
Playing the Violin del 1751, che è il primo e uno dei più importanti
trattati per violino del diciottesimo secolo, stampato, durante la vita di
Geminiani, in tre edizioni inglesi ed una in francese;
• la Guida
armonica (1754);
• The Art of
Accompaniment (1754);
• The Art of
Playing the Guitar or Cittra, stampato ad Edimburgo nel 1760.
Eccetto
che per alcuni viaggi a Parigi, Paesi Bassi
e Dublino, Geminiani
trascorse gli anni centrali della sua vita a Londra.
Infine,
su invito di Duborg,
si trasferì a Dublino,
dove
nel 1760
era ancora attivo, visto che fu
in grado di dare un
concerto,
l'ultimo, alla considerevole età
di settantadue anni, e due anni più tardi di dare alle stampe un'altra
raccolta di
Pièces de Clavecin.
Geminiani si spense a Dublino
il 17 settembre 1762.
Tutte pubblicate a Londra (eccetto quelle
indicate):
•
12
Sonate a Violino,
Violone e Cembalo op. 1 (1716)
• 6 Concerti grossi con due Violini, Violoncello e
Viola di concertino obbligati e due altri Violini e Basso di Concerto grosso
ad arbitrio, il IV, V, e VI si potranno suonare con due flauti traversieri o
due Violini con Violoncello op. 2 (1732; sec. ediz. riv. 1755)
• 6 Concerti grossi con due Violini, Viole e
Violoncello di concertino obbligati e due altri Violini e Basso di Concerto
grosso op. 3 1732; sec. ediz. riv. 1755)
• 12 Sonate a
Violino e Basso
op. 4 (1739)
• 6 Concerti grossi con due Violini, due Viole e
Violoncello obbligati, con due altri Violini e Basso di ripieno op. 7
(1743; trascr. delle son. I,II,2,5,7,9 dell'op. 4)
• 6
Sonate di Violoncello
e basso continuo op. 5 (L'Aja, 1746; poi trascr. e pubbl. come
Sonates pour le Violon avec un Violoncelle ou Clavecin, Parigi 1746)
• 6 Concerti grossi composti a 3,4,5,6,7,8 parti
reali per essere esguiti da due Violini, Viola e Violoncello di concertino e
due altri Violini, Viola e Basso di ripieno, a' quali vi sono ammessi due
Flauti traversieri e Bassone [il fag. obbl. nel n. 6] op.7
(1746)
• Two Concertos, to be performed by the first and
second Violins in Unison, the Tenors in unison with the Violoncellos and
other Bases
and panticulary by a Harpsichord (1746)
• The Inchanted Forest, an Instrumental Composition
Expressive of the same Ideas as the Poem of Tasso of that Title, suite
di 22 pezzi ispirati al XIII Canto della Gerusalemme Liberata (1736).
• Inoltre, 6 Concertos op. 6 (1741, perduti).
Trascrizioni
e adattamenti:
• (6) Concerti grossi composti delle Sei Soli della
prima parte dell'Opera Quinta d'A. Corelli (1726)
•
(6)
Concerti grossi... della seconda parte dell'Opera
Quinta d'A. Corelli (1727)
• 12 Solosfor a Vl. whit a Thorough Bass, carefully
revis'd and corrected by F. G. di F. Mancini
(1727)
•
(6) Concerti grossi composti dalle Sei Sonate
dell'Opera Terza d'A. Corelli
op. III/1,3,4, 9 e 10 e op. I/9 (1735)
•
Pièces de Clavecin, tirés des
differents Ouvrages de M.r F. G. adaptées par luy meme a cette Instrument
(1743)
• The Second Collection of Pieces for the
Harpsichord, taken from different Works of F. G., and adapted by Himself to
that Instrument (1762)
• 6 sonate in 12 Solos per fl. e cont. (ca.
1720, con 6 altre sonate forse di Pietro Castrucci)
• 1
sonata in 12 Solos per vl. e cont. di Handel, Somis e Brivio (1730).
Discografia
A cura di
Rodrigo |
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