Fu violinista e compositore. Ci sono
pervenute notizie che abbia compiuto i suoi studi con
Giuseppe Tartini fin
da 12 anni, ma nessuna testimonianza diretta ci è giunta sull’epoca di
questo periodo di studi. Secondo altre notizie, rimase nella città natale
dal 1740 al 1760, dedicandosi alle esecuzioni musicali e all’insegnamento.
Nel 1760 si trasferì a Vienna, per partecipare come esecutore alle feste
musicali per le nozze del principe ereditario. Fece ritorno poi in Italia
dopo una breve visita a Dresda; dalle lettere di Tartini a
padre Martini
sappiamo che nel tragitto di ritorno si soffermò a Padova, per visitare il
maestro, e, per la via di Milano, ritornò a Livorno nel maggio/giugno del
1761. Nell’ottobre del 1762 ricevette la nomina di musico da camera della
corte di Stoccarda e dalla metà del 1763 si distinse come primo violino di
quella celebre orchestra, diretta da Jommelli e formata dai più valenti
suonatori dell’epoca. A Stoccarda si soffermò sino al marzo 1765, si
trasferì quindi a Braunschweig e rientrando a Livorno nel maggio 1766.
Successivamente Nardini trascorse molto tempo nella città natale, per
lasciarla solo brevemente per brevi giri concertistici. Dalla corrispondenza
di Giuseppe Tartini del 9 Giugno 1769, sempre con Padre Martini, si sa che a
quella data Nardini era di nuovo a Padova: si dice che Pietro Nardini abbia
assistito Tartini sul letto di morte; cosa però non certa, dal momento che
Tartini morì quasi un anno dopo quella data.
Nello stesso 1769 aumentò le sue responsabilità musicali con l’accettazione
dell’incarico di direttore della cappella granducale di Firenze, dove
trascorse il resto della vita dedicandosi con passione alle sue mansioni,
insegnando e partecipando ogni tanto ad esecuzioni in onore di celebri
personaggi, tanta era la sua partecipazione alla vita musicale di Firenze,
che rifiutò un invito a San Pietroburgo nel 1778.
Sia come compositore, sia come esecutore si deve considerare il più fedele e
autentico continuatore della scuola tartiniana: aveva un dominio completo
della tecnica violinistica, che era impiegata da Nardini per la
realizzazione di una profonda espressività, soprattutto negli adagi e nei
passaggi cantabili. Si sa che Leopold Mozart dice di non conoscere niente di
più bello del suono e del “gusto cantabile” di Nardini.
Burney lo
ritiene il più completo violinista italiano del tempo, infatti nel suo
VIAGGIO MUSICALE IN ITALIA, nel suo soggiorno a Firenze dal 9 al 15
Settembre 1790 scrive:
Domenica 9 Settembre 1790:
“Nel pomeriggio ebbi il piacere di ascoltare il signor Nardini ed il suo
piccolo allievo Linley in un grande concerto in casa di un inglese Mr.
Hempson, dove era riunita molta gente. Questo signore suona il flauto in un
modo tutto particolare che ne migliora assai il suono, inserendo un pezzetto
di spugna nell’imboccatura in cui soffia l’aria. Eseguì assai bene due o te
difficili concerti di Hasse e di Nardini. C’era anche un tale da Perugia che
suonò un assolo sulla viola d’amore in modo assai gradevole; il signor
Nardini suonò un assolo e un concerto, da lui composti, in modo perfetto; il
suo suono è dolce ed uniforme, non molto forte ma chiaro e preciso, molto
espressivo nei movimenti lenti, e simile in questo al suo grande maestro
Tartini. Quanto all’esecuzione tende ad appagare e piacere piuttosto che a
sorprendere: insomma penso che sia il violinista più perfetto che esista in
Italia e, secondo il mio giudizio e la mia impressione, trovo il suo stile
delicato, misurato ed assai raffinato. Chiunque abbia ascoltato la celebre
signora Sirmen nelle sue eleganti esecuzioni può formarsi un’idea abbastanza
esatta del modo di suonare del signor Nardini.
Tommasino Linley suonò due concerti, assai simili nella maniera a quelli del
suo maestro. Il signor Nardini, com’era consuetudine anche del maestro
Tartini, guida un gran numero di giovani professori tra cui il figlio di Mr.
Angus che viene dall’Inghilterra”.
Nella produzione musicale di Nardini, gli elementi di struttura sono
ancorati al passato, come dimostrano l’utilizzo del basso continuo e la
consueta suddivisione nei tre movimenti (adagio, allegro, allegro) nelle
sonate; anche nei concerti permane una suddivisione netta e precisa fra il
solo e il tutti, con rapporto tematico che rievoca chiaramente il maestro
Tartini.
Vi sono poi nelle composizioni di Nardini degli elementi che sono forieri
dello sviluppo dello stile classico.
Altri elementi peculiari della scrittura di Pietro Nardini sono la
cantabilità strumentale dei movimenti lenti e l’organizzazione del materiale
tematico all’interno del secondo movimento delle sonate. Vicinissimo al
primo Mozart è infine il linguaggio che Nardini utilizza nei quartetti.
Si è ritenuto che proprio nel periodo in cui il virtuosismo strumentale si
sostituiva ai più autentici valori musicali, Nardini abbia sviluppato
coerentemente lo stile di Tartini, impostando uno stile personale, che ebbe
influenzò l’immediato futuro.
Composizioni
6 Concerti a 5 stromenti con Violino Principale a solo, Violino primo e
secondo di Concerto, Alta Viola, Organo e Violoncello, due Corni da caccia
ad libitum op. I (Amsterdam, Hummel, prima del 1770);
6 Sonatas à violon et Basse, op. 2 (ivi 1770 circa);
6 Sonatas or Duets for 2 Violins (Londra, J. Walsh, 1765 circa; solo le
prime 2 sono di Nardini, le altre 4 di D. Ferrari);
6 Solos for the Violin with a Bass op. 5 (Londra, Fought, 1769 circa);
6 Solos for Violin with a Bass for the Harpsichord (Londra, Walsh, 1790
circa);
7 Sonates avec les Adagios brodés;
6 Sonatas for 2 German Flutes or 2 Violins and aBass (Londra, Bremner, 1770
circa);
14 New Italian Minuets for 2 Violino and a Bass (Londra, Cox, 1750 circa);
6 Duets for 2 Tenors (Londra, Thompson, 1775 circa);
Sonate énigmatique pour un Violon seul attribué a Nardini (1803);
Due Sonate (“Lessons”) per clavicembalo (in “The Harpsichord Miscellany Book
second” con altre sonate di Alberti e di Pasquali, Londra, Bremner, 1765
circa);
6 Quartetti per 2 Violini, Viola e Violoncello (Firenze, Poggiali, 1782).
Discografia