•
DIDONE ABBANDONATA
Libretto
musicato da
Domenico
Sarro, (1 febbraio 1724)
• L'OLIMPIADE
Libretto
musicato da Caldara
(28 agosto 1733)
•
IL RUGGIERO ovvero L'eroica gratitudine
Libretto
musicato da
Johann
Adolf Hasse (16 ottobre 1771, Regio Ducale,
Milano)
Artaserse
Una delle opere
che certamente rese famoso Metastasio è l’ARTASERSE, musicato tra gli
altri da
Hasse, che fu riproposta nel corso degli anni con
sostanziali modifiche. Se si inizia un po’ ad analizzare l’opera ci si
rende conto che l’asse della trama dell'Artaserse è un archetipo tipico
della drammaturgia metastasiana, focalizzata su due coppie di giovani
amanti, sulla figura di monarca magnanimo ed impreziosita dai coupes de
Théatre emergenti da una serie di complotti politici e lotte di
successione.
Caratteristica comune a questi drammi è lo schema
dei quattro personaggi principali, due uomini e due donne, imbrigliati dai
vincoli più vari di amore, parentela, rivalità, amicizia, inimicizia: è
questo forma il perno portante della vicenda.
Nell’ARTASERSE sei sono i personaggi impiegati;
ecco lo schema
dei rapporti tra i personaggi:
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avversarie |
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Mandane |
Fratelli
Fratelli |
Semira |
amanti |
amanti |
Arbace |
Artaserse |
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amici |
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I legami essenziali che sorreggono le vicende dei melodrammi seri metastasiani,
risaltano specialmente le virtù dell'amicizia, della fedeltà,
dell'eroismo, concetti che prevalgono sui sentimenti amorosi.
Le vicende
sono sviluppate in modo da far convergere tutte le linee d'azione sulla
catastrofe finale del terzo atto, che sfiora la tragedia (ma eventuali
atti truculenti avvengono sempre fuori scena), per scomporsi poi nel lieto
fine. Inoltre, quasi sempre un re o un principe è arbitro dei destini
degli altri personaggi, e un suo atto di magnanimità ha funzione
risolutiva nel momento culminante della conclusione del dramma.
Nelle mani dei librettisti dell'Accademia d'Arcadia, a cui apparteneva
Metastasio, il melodramma serio del primo Settecento subì alcune
modificazioni per quanto riguarda l'ingresso e l'uscita dei personaggi sul
palco: una ratio sostituisce casualità tipica dell’opera secentesca: si
instaura un ordine che regola la consequenzialità delle scene, cosa
ereditata dal teatro classico francese di Jean Racine (1639-1699): Col
teatro del primo settecento, 2 tappe dell’azione drammatica, ossia 2
scene, sono sempre legate da almeno un personaggio in comune sul
palcoscenico; le interruzioni di questo legame fra scene, si realizza
invece con la ”mutazione di scena”, ossia con una variazione del quadro
scenico.
Tutti i drammi per musica di Metastasio schematicamente sono in genere
articolati in un numero medio di 6/7 “mutazioni” di scena; in ARTASERSE: 2
in ognuno dei primi due atti, 3 nel Terzo atto; ogni Atto si suddivide
inoltre in media 15 “scene”. Questa schematizzazione poi prese come
peculiarità l’esaltazione del divismo: l’aria solistica è posta a chiusura
di ogni scena, in modo che venga posto in evidenza la bravura del
cantante, prima della sua sortita dal palcoscenico, che uscendo poteva
assaporare il piacere degli applausi del pubblico. In Metastasio, solo in
casi eccezionali (mai in ARTASERSE) l'aria è posta al debutto della scena.
I testi delle arie metastasiane esprimono, come detto, un singolo
"affetto", sentimento particolarmente intenso che nasce come espressione
dagli stati dell'animo: il dolore, la gioia, l'angoscia, l'ira, etc. Molto
spesso lo stato d'animo viene illustrato metaforicamente attraverso il
ricorso ad un’immagine generica e astratta, delle sentenze, dei paragoni,
spesso anche senza alcun preciso riferimento alla situazione drammatica
espressa nel precedente recitativo. Nelle cosiddette “arie di
similitudine”, per esempio (nell'ARTASERSE di Hasse, vedi l'aria di
Megabise, “Sogna il guerrier le schiere”, Atto I, scena 6), il
personaggio, rapito in qualche suo intimo o tumultuoso pensiero, si
esprime attraverso un linguaggio metaforico allegorico, paragonandosi ad
un guerriero, al fiore, alla tortora, a qualche fenomeno della vento, un
torrente in piena, una saetta, etc. Tra le arie di similitudine,
particolare fortuna conobbero, dal 1720 circa agli ultimi anni del secolo,
le “arie di tempesta”, veicolo espressivo del belcanto virtuosistico,
perno caratterizzante il vocalismo Barocco.
Questo tipo di aria appartiene di diritto alle “arie di bravura” in
genere: si connota con elementi che concorrono a definire la vivida e
concitata rappresentazione dei fulmini e della tempesta: tempo mosso, con
impianto tonale in maggiore, ritmi sincopati, linea vocale altamente
virtuosistica, con estese fioriture (su parole chiave del testo
dell’aria), dal profilo ondeggiante, di scala, di arpeggio, ampi salti
melodici, sfruttamento intensivo dei registri vocali estremi.
A volte alla similitudine della tempesta, segue una seconda parte del
testo, la parte centrale dell’aria, che introduce un’immagine rasserenata,
corredata da metafore quali il porto, la bonaccia, il risplendere di una
stella benigna, del sole, etc. A queste immagini metaforiche richiamate
nella sezione centrale – detta sezione B - dell’aria si adegua la musica,
sostanziandosi in una espressività contrastante, di carattere patetico e
cantabile, e dunque funzionale allo schema tripartito dell'aria detta “col
Da Capo” (A B A’). Per un esempio di questo tipo di aria in ARTASERSE si
veda “Così stupisce e cade” cantata da Artabano a conclusione dell’Atto II.
L’opera seria del Settecento è dominata dall'aria “col Da Capo o
tripartita”: nell’esempio dell’ARTASERSE di Hasse è pressoché assoluta per
tutte le arie solistiche. Peculiare è la divisione del testo in 2 lette,
ognuna presentante lo stesso numero di versi del medesimo metro dell’altra
- in genere 2 terzine di settenari. La regolarità degli accenti metrici
dei versi delle arie metastasiane influì segnatamente sulla regolarità
ritmica e fraseologica dell'invenzione musicale: si utilizzano in linea
generale frasi melodiche uguali simmetriche e chiaramente articolate, che
hanno alle spalle un accompagnamento distesamente omofonico: questi sono
stilemi che acquistano valore paradigmatico della buona composizione in
luogo dei procedimenti basati sullo sviluppo continuo, intensivo dei
motivi melodici, come avviene, per esempio, in una fuga.
La struttura tripartita (A B A) dell'aria, in sostituzione della bipartita
aria secentesca, scaturisce, almeno parzialmente, della necessità dei
cantanti di brillare in scena, evidenziando la propria abilità
virtuosistica attraverso l’abbellimento e la variazione della terza parte
dell’aria.: il testo dell’aria si suddivide in 3 parti: La prima strofa
del testo fornisce l’ossatura per la prima parte (A): dopo una prima
esposizione del testo - spesso mescolando e ripetendo singole parole o
frammenti di versi - si passa a ripetere la prima strofa in una tonalità
vicina, con modifiche melodiche. Brevi ritornelli e incisi strumentali
interrompono talvolta le frasi vocali. Segue una seconda parte (B), basata
sulla seconda strofa, con una tonalità, melodia, metro e tempo di norma in
contrasto con quelli della prima parte (A). Questa parte è in proporzione
più breve rispetto alla sezione A dell'aria, ne è un corollario, e
necessita spesso di un organico ridotto. Poi si riprende il motivo
iniziale dell’aria, ripetendo le parole della prima strofa, aggiungendo le
variazioni degli abbellimenti improvvisati od elaborati precedentemente
dal cantante (A’).
A cura di
Rodrigo
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