Giacomo Antonio Perti apparteneva ad una
famiglia benestante, originaria di Crevalcore: inizialmente ebbe i primi
rudimenti musicali dallo Lorenzo e dall'organista R. Laurenti, mentre studiò
il contrappunto con P. Franceschini.
Nel 1678, a diciassette anni, dimostrò già talento, dal momento che un suo
mottetto ed un Magnificat a 8 voci furono eseguiti.
Nel 1679 musicò anche il suo primo oratorio e il terzo atto del melodramma
ATIDE.
Nel 1680, a soli 19 anni invece, compose e fece eseguire nella chiesa di San
Sigismondo una messa concertata con 2 trombe.
Nel 1681, fu aggregato all'Accademia Filarmonica di Bologna nel ruolo di
compositore e verso la fine del medesimo anno, si recò a Parma per
perfezionarsi nel contrappunto sotto la guida di G. Corso detto il Celano,
il quale gli insegnò tutta la gamma stilistica propria della prestigiosa
scuola romana.
Nel 1683 iniziò col MARZIO CORIOLANO, rappresentato a Venezia, la sua lunga
e brillante carriera di operista.
L’anno 1687 fu per la prima volta «principe» dell'Accademia Filarmonica,
rivestendo questo ruolo anche negli anni 1693, 1697, 1705, e 1719.
Nel 1689, a causa dell’opposizione di Colonna, contro il quale si era
schierato a favore di Arcangelo Corelli, durante la famosa “battaglia delle
quinte”, gli fu negato il posto di vice-maestro di Cappella di San Petronio,
ma l'anno successivo ricoprì la direzione della cappella della Metropolitana
di San Pietro prendendo il posto dello zio Lorenzo.
Soltanto dopo la morte di Colonna, nell'agosto del 1696 Perti poté assurgere
all’incarico di maestro di cappella della massima basilica Bolognese, posto
che mantenne sino alla morte, senza mai allontanarsi significativamente
dalla sua città natale: si annoverano solo pochi spostamenti, e per di più
brevi a Firenze e a Roma nel 1703, e 1747, a Napoli nel 1703.
Dal 1706 al 1750 fu divenne anche maestro di Cappella dei PP. Filippini di
Santa Maria di Galliera. Sebbene poche siano state le opere stampate di
Perti, la sua fama raggiunse alti livelli, accompagnata da stima generale.
La celebre Accademia Filarmonica di conseguenza lo nominò nel corso del 1719
“diffinitore perpetuo”; nomi altisonanti, quali il principe Ferdinando,
figlio del duca di Toscana Cosimo III, che commissionò al Perti numerosi
melodrammi per il proprio teatro di corte a Pratolino, il papa Benedetto XIV°,
gli imperatori Leopoldo I° e Carlo VI°, la duchessa Aurora Caetani
d’Aragona.
Fra i suoi studenti si possono citare quasi tutti i nomi più illustri e
celebri della scuola bolognese a cavallo fra il 1600 e il 1700:
G. Torelli, il
Pistocchi,
G.A.V. Aldrovandini, P.P. Laurenti,
G.B. Martini, F. Manfredini.
Una delle caratteristiche più trascurate da Perti fu la forma musicale
strumentale pura (ossia il concerto e la sonata), sulla quale la critica
ottocentesca si è concentrata: si è osservato che la sua produzione
giovanile nasce sotto il segno della scuola romana di Carissimi ed un
esempio può annoverarsi nella prefazione delle Cantate Morali Opera 1.
Ancora oggi l'estrema vastità del materiale disponibile di Perti, ne ha
scoraggiato la catalogazione e parallelamente un più sistematico
sfruttamento storiografico.
Sebbene tutta la produzione di Perti in linea generale si distingua per la
fedeltà ininterrotta ad un ideale di composta espressività, non disunita
alla grande padronanza delle risorse tecniche, in un arco di tempo così
lungo (quasi 100 anni!) la sua scrittura non poté non risentire di un certo
mutamento stilistico.
Padre Martini, che fu un suo allievo, scrisse di Perti:
“era di tal finezza di gusto e talmente inclinato alla chiarezza, che non
soffriva nelle sue composizioni alcun passo che fosse forzato e non fosse
naturale”.
Ma anche:
“[...] nella sua età avanzata [...] nulladimeno [...] egli era disposto a
comporre in uno stile non solo artificioso, ma vivace e grazioso e [...]
seppe (secondo le circostanze) uniformarsi moderatamente al buon gusto de'
nostri giorni”.
E infine:
“Si rese celebre questo compositore non solo nella musica ecclesiastica, ma
anche nella drammatica del suo tempo”.
Il ritiro di Perti dalla produzione melodrammatica avviene entro il primo
decennio del 1700, benchè il LUCIO VERO venisse ancora ripreso a Bologna nel
1717.
Tagliavini, ha additato nel Perti operista, a cui si può in gran parte
assimilare l'autore di oratori o di serenate, la preferenza per lo sviluppo
alternato di voce e accompagnamento, piuttosto che per una loro simultanea
stratificazione armonico-contrappuntistica, nonché il ricorso ad una
raffinata scrittura orchestrale a 5 parti reali (2 violini e viole e bassi),
anziché a 4 o più semplicemente a 3 con Violini unisoni e viole, così come
praticata, ad esempio da Vivaldi e da tanti altri autori della generazione
immediatamente successiva.
Altri caratteri distintivi sono la frequente utilizzazione di ritornelli
strumentali tra le diverse sezioni di un'aria, e una cura particolare
dedicata alle arie concertate con strumenti solisti, quali il violino, la
tromba, l'oboe o il violoncello.
Si aggiunga l'espressività del recitativo, che si configura sempre come
attenta ricerca di una declamazione testuale, più che semplice successione
di luoghi comuni armonici in funzione di passaggio tra un'aria e l'altra.
Specialmente nel genere oratoriale, Perti introdusse alcune novità formali,
come ad esempio l'introduzione del “concertino e concerto grosso all'usanza
di Roma”, definita “invenzione [...] nuova ne' nostri Paesi” se si legge una
missiva indirizzata al librettista modenese G. B. Giardini in data 1687,
quindi assai precedente al NERONE FATTO CESARE (1693), dove compare un
analogo trattamento della compagine orchestrale.
Per una corretta valutazione storica del peso di Perti nel campo operistico,
sarebbe necessario riflettere sulla sua presenza sulla scene di Firenze
durante il cosiddetto “decennio mediceo” (1700-1711) assieme a compositori
del calibro di Alessandro Scarlatti e del giovane Handel. Il Caro Sassone fu
a lungo fedele all’archetipo operistico italiano appreso durante il suo
soggiorno giovanile a Firenze, Napoli e Venezia, giungendo a riutilizzare,
nel 1725, un soggetto di Antonio Salvi, RODELINDA, già musicato nel 1710 da
Perti proprio per il teatro di Pratolino.
Nelle cantate da camera, genere di intrattenimento privato e quindi meno
dipendente da esigenze di tipo rappresentativo - complice anche un certo
gusto nella scelta dei testi - si rivela la spiccata preferenza di Perti
agli “affetti ipocondriaci”, all'espressione intimistica di passioni amorose
quasi sempre insoddisfatte e dolenti (si possono citare le cantate PIANTO
MIO; STELLE, CHE PIÙ VOLETE?).
La cantata per 2 alti NEL COLOR D'UN NERO CIGLIO, databile attorno al 1701,
è un esempio di raffinatissima scrittura vocale basata sull'intreccio
contrappuntistico di 2 voci contraltili con un basso di accompagnamento, il
tutto risultante nell'apparente semplicità di una accattivante melodia.
Ma è nella musica sacra che Perti fu attivo con maggiore presenza e
continuità.
Più di 60 anni intercorrono tra la giovanile MESSA in fa maggiore a 12 voci
in 3 cori con strumenti (1687) da un lato, fatta in stile cosiddetto
“osservato”, dove è ancora visibile un certo schematismo nella condotta
rigorosamente imitativa delle parti vocali; pochi, brevi e sempre aventi
funzione di inciso o di ritornello gli interventi strumentali, le
modulazioni armoniche si muovono in un ambito estremamente ristretto,
nessuna concessione viene fatta al vocalismo solistico e dall’altro lato la
monumentale MESSA in la maggiore a 16 voci in 4 cori con strumenti e ripieni
(1749) dove al contrario, pur permanendo quell'amore per la scrittura a
molte parti reali già tipica di Colonna e della tradizione bolognese, sono
presenti taluni raddoppi in distanza: inoltre gli strumenti accompagnatori
si emancipano quanto a complessità e durata degli interventi, e gli spunti
melodici sono più ricchi e variati, andando di pari passo con una scrittura
vocale di elevata agilità.
Ancora più vivace lo stile del Perti ecclesiastico in opere con organico
meno opulento. Nella MESSA in sol maggiore a 4 voci con violini detta LA
LAMBERTINA (1736), sono sì assenti i timbri sfolgoranti delle trombe e degli
oboi, cari al registro più aulico e rappresentativo della scuola petroniana,
ma compensa la mancanza un andamento degli archi disinvolto e saltellante,
con ampi intervalli e passi in terzine: inoltre il basso continuo marca
incisive figurazioni e il fraseggio nei concertati scivola via incalzante.
Risultati espressivi di severa monumentalità raggiunse Perti nel DIES IRAE
concertato con strumenti composto per celebrare la morte di Francesco Maria
de' Medici (1711), e ancor più col breve mottetto ADORAMUS TE CHRISTE a 4
voci a cappella del 1755, che sfoggia un contrasto fra la sezione iniziale
lenta e la compatta fuga finale: questa composizione di classica perfezione
fu la sola cosa associata per lungo tempo alla fama di Perti, dal momento
che essa venne ininterrottamente eseguita, almeno fino al 1844, nella
basilica metropolitana bolognese di San Pietro, e di lì a poco fu riscoperta
e pubblicata da Haberl nel quadro del suo progetto di restaurazione della
polifonia sacra.
Più recentemente invece, a partire dagli anni 1960, è iniziata una
riscoperta di Perti, seppur ancora limitata, che ha prodotto
qualche sporadica esecuzione e incisione discografica.
Composizioni
Opere teatrali
MARZIO CORIOLANO, libretto P. Silvani;
Venezia, 1683;
ORESTE IN ARGO, G. A. Bergamori; Modena, 1685;
L'INCORONAZIONE DI DARIO, A. Morselli; Bologna, 1686;
LA FLAVIA, M. Rapparini; ivi, 1686;
LA ROSAURA, A. Arcoleo; Venezia, 1689;
DIONISIO SIRACUSANO, M. Noris; Parma, 1689;
BRENNO IN EFESO, A. Arcoleo; Venezia, 1690;
L'INGANNO SCOPERTO PER VENDETTA, F. Silvani; Venezia, 1691;
IL POMPEO, N. Minato; Genova, 1691;
FURIO CAMILLO, M. Noris; Venezia, 1692;
NERONE FATTO CESARE, Idem; Venezia, 1693 - la sinfonia è di G. Torelli;
nella ripresa veneziana del 1715, 12 arie sono invece di Vivaldi;
LA FORZA DELLA VIRTÙ, D. David; Bologna, 1694;
LAODICEA E BERENICE, M. Noris; Venezia, 1695;
PENELOPE LA CASTA, Idem; Roma, 1696;
FAUSTA RESTITUITA ALL'IMPERO, M. Noris; Roma, 1697;
APOLLO GELOSO, P. J. Mattelli; Bologna, 1698;
LUCIO VERO, A. Zeno; Pratolino, 1700;
ASTIANATTE, A. Salvi; Pratolino, 1701 - la sinfonia è di G. Torelli; da
alcuni questa opera viene confusa con l'Astianatte di A. M. Bononcini;
Venezia, 1715;
DIONISO RE DI PORTOGALLO, A. Salvi; Pratolino, 1707;
VENCESLAO, OSSIA IL FRATRICIDA INNOCENTE, A. Zeno; Bologna, 1708;
GINEVRA PRINCIPESSA DI SCOZIA, A. Salvi; Pratolino, 1708;
BERENICE REGINA D'EGITTO, Idem; Pratolino, 1709;
DEMETRIO, idem; ivi, 1709;
RODELINDA REGINA DE' LONGOBARDI, A. Salvi; ivi, 1710;
UN PROLOGO PER IL CORTEGIANO, A. Basili; Palestrina, 1739.
In collaborazione:
ATIDE, solo il III atto (il I è di G. F.
Tosi, il II di P. degli Antoni, libretto T. Stanzani; Bologna, 1679;
PERSEO (?; Bologna, 1697 con diversi autori;
ARIOVISTO, con P. Magni e F. Ballarotti, P. D'Averara; Milano, 1699;
LA PROSPERITÀ DI ELIO SEJANO, con A. Vanelli e F. Martinengo, libretto N.
Minato; ivi, 1699;
IL RISO NATO TRA IL PIANTO, Anononimo; Bologna, 1710 con diversi autori;
FARAMONDO, parziale rifacimento da C. F. Pollaiolo, libretto A. Zeno; ivi,
1710;
IL PIÙ FEDELE TRA I VASSALLI, F. Silvani; ivi, 1710.
Rielaborò:
L'EROE INNOCENTE, OVVERO GLI EQUIVOCI NEL
SEMBIANTE di A. Scarlatti, libretto D. F. Contini; Bologna, 1679;
TEODORA AUGUSTA di D. Gabrielli, libretto A. Morselli; Bologna, 1687;
POMPEO MAGNO di G. D. Freschi, libretto A. Aureli; ivi, 1687;
IL RE INFANTE di C. Pallavicino, libretto M. Noris; ivi, 1694.
Inoltre:
FOCA, rappresentata a Monaco di Baviera in data incerta.
Non rappresentate:
ROSINDA ED EMIRENO (A. Arcoleo).
Oratori
(esecuzione a Bologna)
I DUE GIGLI PORPORATI NEL MARTIRIO DI S.
SERAFIA E S. SABINA (L. Lotti, 1679);
ABRAMO (Venezia, 1683);
MOSÈ (G. B. Giardini; Modena, 1685);
ORATORIO DELLA PASSIONE (1685);
LA BEATA IMELDE LAMBERTINI (1686);
LA MORTE DEL GIUSTO OVERO IL TRANSITO DI S. GIUSEPPE (B. Sandrinelli;
Venezia, 1688 o 1689);
AGAR SCACCIATA (è un rifacimento di ABRAMO; G. Malìaardi, 1689);
LA PASSIONE DI CRISTO (1694);
S. GALGANO (O. A. Bergamori, 1694);
CRISTO AL LIMBO (1698);
GESÙ AL SEPOLCRO (G. A. Bergamori, 1703);
S. GIOVANNI (1704, passione);
LA SEPOLTURA DI CRISTO (1704);
S. PETRONIO (G. B. Rampognani, 1720);
LA PASSIONE DI CRISTO (1721);
I CONFORTI DI MARIA VERGINE (C. I. Frugoni, 1723);
L'AMOR DIVINO (1723);
SARA, ORATORIO DELTA NASCITA DEL SIGNORE, S. GIUSEPPE IL VENERDÌ SANTO, IL
FIGLIO PRODIGO, PROFETIA A 8 e PROFETIA DI NABUCODONOSOR, tutti senza
datazione
S. SERAFIA, citato da alcune fonti, si identifica con I DUE GIGLI
(alcuni di questi titoli si riferiscono a
versioni alternative o rifacimenti: anche in questo campo non è ancora stata
compiuta una sistematica collazione delle fonti).
Inoltre
Circa 130 CANTATE CON STRUMENTI E CONTINUO,
fra cui 20 dialoghi, serenate e accademie a 2 - 4 voci;
28 messe per lo più con orchestra e organo (composte tra il 1682 e il 1749):
la maggior parte di esse contengono soltanto il KYRIE e il GLORIA secondo
l'uso bolognese, a volte il CREDO in tonalità differente; VERSETTI volanti
per le messe, Credo, Requiem, Magnificat, 30 salmi, numerosi mottetti a voce
sola o a più voci con strumenti e organo.
Per orchestra:
27 sinfonie di introduzione a messe, oratori, per lo più per archi, a volte
con 2 oboi e 2 corni.
Opere pubblicate:
CANTATE MORALI E SPIRITUALI a 1 e a 2 voci, con violini e senza Op.1
(Bologna, 1688);
Messa e (8) Salmi Concertati a 4 voci con strumenti e ripieni Op. 2 (ivi,
1735);
STELLE CHE PIÙ VOLETE, cantata, nella raccolta Melpomene coronata da Felsina
(ivi, 1685);
una CANZONE spirituale ne La ricreazione spirituale (ivi, 1730);
una SONATA IN RE MINORE in Sonate da camera a violino e violoncello di vari
autori (ivi, Ca. 1700).
Inoltre, viene inclusa nel corpus delle edizioni pertiane come “opera
postuma” la raccolta delle SETTE CANZONETTE IN ARIA MARINARESCA sopra le
sette principali feste di Nostra Signora (Bologna, 1780), dove l'intervento
di Perti concerneva alla mera aggiunta di pochissime battute di semplice
basso non numerato sotto ad un tema popolare di barcarola.
Discografia