Luigi
XIV ha incarnato per eccellenza il modello di Re, ammirato o detestato,
per le generazioni che l’hanno seguito. Tuttavia, i giudizi fatti sul Re e sul suo lungo Regno sono stati contraddittori. Per lungo tempo, gli storici tennero un atteggiamento ambiguo: se denunciavano volentieri le guerre costose, la politica di glorificazione reale, la persecuzione religiosa, essi non erano insensibili alla affermazione dello Stato e della Grandezza nazionale.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, una visione più dignitosa s’impose. Prima il Gran Re era volentieri piazzato dietro i suoi sudditi la cui vita era stata spesso difficile, tanto che essi dovettero pagare le folli ambizioni del loro sovrano, prima fra tutte Versailles: ma chi, oggi come oggi, non può però evitare di riconoscere il gioiello artistico-storico della Monarchia Assoluta che è Versailles, e, se nella costruzione, molti sostenitori di corrente comunista hanno voluto denunciare le morti e gli infortuni, oggi però quanto beneficio dà ai francesi la Reggia, essendo il monumento più visitato di Francia? E come mai si tende sempre a dimenticare le morti degli schiavi nella costruzioni delle Piramidi d'Egitto, e ci si concentra nell'ammirare oggi il risultato di quegli sforzi? Non si dovrebbe forse fare ugualmente con Versailles? Solo una visione austera del Regno mette in evidenza gli sforzi imposti alla società, le difficoltà economiche (per le quali non dimentichiamo anche il gesto memorabile del Re per la Grandezza della Francia volto a finanziare le guerre per dare alla Nazione un ruolo predominante in Europa: la fusione di un vero patrimonio di capolavori artistici in mobilia e suppellettili in puro argento), le consuetudini dell’epoca che possono vedersi oggi superficialmente come ridondanti, ma attentamente studiate al tempo per assoggettare tutti al Re.
Per controllare ogni tentativo di rivolta
nobiliare, la Corona non poteva elargire, come in altre situazioni ed in
altri paesi, denaro, ma, nell’operazione di elevazione e
istituzionalità divina della figura del Re, esser vicini al monarca era
un privilegio assoluto, poter rimanere nella cosiddetta
“Gabbia
Dorata” di Versailles – come fu definita da alcuni - era status
molto ambito dalla nobiltà: sostituire il denaro con l’asservimento
alla figura del Re, è stato oggettivamente una mossa intelligente non
solo per il risparmio per le casse reali e dello stato, ma anche per la
fortificazione e l’affermazione della Francia, evitando le guerre
intestine legate a vecchi nobili proprietari terrieri….
Più
recentemente, certi hanno ricordato che le decisioni del Re di Francia,
che erano state severamente criticate dagli storici, corrispondevano in
realtà alle reazioni normali dei principi di quell’epoca.
Luigi XIV, nato il 5 settembre 1638, ha 5 anni quando divenne Re il 14 Maggio 1643 alla morte di suo padre Luigi XIII.
Sua madre, la Regina Anna d’Austria, ottenne la Reggenza del Regno. Per aggirare le decisioni del suo defunto marito, che ha limitato i suoi poteri, lei aveva bisogno del Parlamento di Parigi, che così le confermò una piena autorità per governare la Francia. Questa corte di giustizia, molto diversa dal Parlamento inglese dove sedevano i rappresentati della nazione, è la principale delle Corti dette “sovrane”, che giudicano in nome del Re. Dal lato dei magistrati, i Principi della famiglia Reale, ed i più grandi signori del Regno potevano sedervisi. I parlamentari del Regno avevano anche il compito di registrare gli editti Reali ed, eventualmente, di proporre delle rimostranze, delle critiche. Il Re poteva nondimeno passare oltre, ed anche rifiutare ogni resistenza, tenendo un “letto di giustizia”.
Come i parlamentari
possedevano degli offici di giustizia, che essi acquistavano e che
potevano trasmettere ai loro discendenti, questi magistrati avevano
acquisito così una grande indipendenza di fronte al potere Regale. Dal 1635, la Francia conduce una difficile e costosa guerra contro il Re di Spagna (della Casa d’Austria o d’Asburgo) che domina una gran parte dell’Europa, in particolare i Paesi Bassi (Belgio e Lussemburgo d’oggi) e del mondo. E’ anche impegnata in un conflitto con la Germania, quindi contro l’Imperatore, egli stesso un Asburgo, che regna sull’Austria, la Boemia e l’Ungheria.
Anna d’Austria, benché
sorella del Re di Spagna, continua la politica di Luigi XIII e di
Richelieu, e l’affronto contro gli Asburgo di Spagna e di Austria. La
Regina madre dimentica le sue origini famigliari e vuole
proseguire a difendere e rinforzare il Regno di suo figlio. Il 19 maggio 1643, il giovane cugino del Re, allora il Duca d’Enghien, ben presto Principe di Condé, riporta una eclatante vittoria su una armata di invasione spagnola a Rocroi.
E’ per approfittare di un tal successo che Anna d’Austria trattenne presso di sé come Primo Ministro un Cardinale romano, Giulio Mazzarino, che prese il nome francesizzato di Jules Mazarin. Questo diplomatico pontificio sembrava irrimpiazzabile, perché conosceva bene l’Europa, la diversità delle sue Corti, la complessità della sua mappatura politica: sembrava capace di negoziare la pace più ottimale dopo una lunga guerra favorevole alla Francia.
Il Cardinale sapeva, malgrado i tormenti e
i malumori, conservare le
confidenze e l’amicizia della Regina Anna d’Austria. Il suo stile di
governo si distingue da quello di Richelieu: questo italiano, sottile, mostra una
stupefacente flessibilità, rivelando, se necessario, la sua fermezza. Nondimeno, i malcontenti si moltiplicarono cercando di metter fine alla
politica brutale, al clima di spossatezza che durava fin dal Regno di Luigi
XIII, all’obbedienza imposta alla Corte ed alla nobiltà, ed alla
politica bellicosa condotta da parecchi decenni.
La
Fronda è una conseguenza indiretta degli impegni internazionali della
Francia. Come Richelieu, di cui ne è discepolo, Mazzarino pensava che il
Regno può e deve scontare la costosa politica di guerra. Tuttavia nel
momento in cui dei risultati concreti si ottennero, la pace si impose
poco a poco nel Sacro Impero (grossomodo, la Germania d’oggi) e la
Francia ne fu l’arbitro, ma il
Parlamento di Parigi, stanco della situazione, espresse il suo malumore rifiutando di
convalidare le decisioni prese dal governo in materia finanziaria. All’inizio del 1648, la reggente giunse al Palazzo di Giustizia per tenere un letto di giustizia per fare registrare una serie di editti fiscali, preparati dal sovrintendente Particelli, ma fin dal giorno dopo, il parlamento annulla questo letto di giustizia. Le corti sovrane di Parigi invitarono allora dei deputati, che si riunirono nella Camera Saint-Louis del Palazzo di Giustizia e prepararono un testo di 27 articoli: essi domandavano, tra le altre cose, che nessun innalzamento delle imposte avesse luogo senza il consenso delle corti sovrane, disposizione che metteva la Corona sotto controllo.
La Reggente dovette
cedere. Questa crisi che inizia nel 1648 prese il nome di “fronda”
dal nome dell’arma infantile, e essa segnò tutta la gioventù di
Luigi XIV. In realtà, Mazzarino attendeva il momento per la rivincita. Le armate francesi riscuotevano in quel periodo dei successi su ogni fronte.
Quando si venne
a conoscenza della bella vittoria di Condé a Lens, il
20 Agosto 1648,
contro l’esercito spagnolo, Mazzarino decise di sbaragliare
l’opposizione dei parlamentari facendone arrestare gli istigatori,
soprattutto un vecchio consigliere, Broussel, il 26 Agosto 1648.
La sommossa scoppia allora a Parigi. I borghesi della città si armarono. Così la resistenza del Parlamento si trasformava velocemente in una rivolta generale.
Degli
scontri hanno luogo con le guardie del Re. Il coadiutore
dell’arcivescovo di Parigi, Gondi,
un ambizioso che desiderava
rimpiazzare Mazzarino e che seguiva i curati di Parigi, non
rappacificava affatto gli spiriti, al contrario!.
Il
27 Agosto, Parigi si
ricopre di barricate. Il 28 Agosto, Broussel è liberato, ed il
Parlamento chiede l’abbattimento delle barricate, ma i disordini
continuarono. La calma non ritornò se non molto lentamente nei giorni
seguenti.
La Regina si installò con la Corte al castello di Rueil, vicino a Parigi, ma dovette accettare la sua messa in discussione e, il 22 Ottobre, una dichiarazione Reale convalidò tutti gli articoli della Camera Saint-Louis: ciò comportò in teoria una monarchia limitata, temperata e controllata. Il Re rientrava successivamente a Parigi.
Paradossalmente questo è il momento dove sono segnati,
nell’indifferenza generale della Francia, i trattati di Westfalia che
misero fine alla guerra, detta dei Trenta Anni, nel Sacro Romano Impero
(24 ottobre 1648): la Francia ottenne una presenza in Alsazia ed il
diritto di vegliare sulle “libertà tedesche”. Dopo
aver ceduto alla collera popolare, la Reggente e Mazzarino fecero venire
i mercenari tedeschi dell’amata di Condè nei dintorni di Parigi. Poi
la Corte, dopo aver finto di festeggiare il Re, lascia la Capitale nella
notte tra il 5 ed il 6 gennaio 1649 e si installò a
Saint-Germain-en-Laye.
Condé realizzò il blocco di Parigi con 8/10.000 uomini. Alcuni grandi Signori presentarono le parti degli scontenti. Mazzarino venne dichiarato l’8 gennaio “nemico del Re e del suo Stato” e turbatore della pace pubblica dagli Frondisti.
Nello stesso tempo, in Inghilterra, il
Re Carlo I venne
decapitato – ciò che provocò lo stupore dell’Europa, perché si
comprese che una Monarchia poteva scomparire. Una
intensa guerra di libellisti si sviluppò contro Mazzarino. Più tardi,
questi testi vennero
chiamati “Le Mazarinades” dal titolo del
La
Mazarinade del poeta Scarron (1651).
Ci
sono oltre 5.000 testi recensiti. Si rimproverava a Mazzarino la sua
origine straniera, il suo potere sul Re e la sua intimità supposta con
Anna d’Austria, le imposte che egli aveva creato, la sua bramosia del
lusso sfrenato e dell’opera italiana. Gli
scrittori parigini lavorarono a pieno regime per 5 anni. L’opinione pubblica non aveva
avuto molti mezzi d’esprimersi fino ad
allora, ma in questo periodo conobbe una libertà di espressione
senza precedenti, che terminò con la Fronda, ed ebbe modo di ritornare
così spavalda solo un
po’ prima del 1789. Il
popolo di Parigi tuttavia era stanco del blocco.
Un
riappacificamento nella primavera del 1649 si rivelò però di breve
durata e le tensioni interne condussero ad una rottura tra Mazzarino e
Condé, che desiderava oramai esercitare il potere politico. Il
Cardinale volle mostrare la sua forza facendo arrestare l’eroe di
Rocroi, così come suo fratello, il Principe
di Conti e il suo cognato, Duca di Longueville (16 gennaio 1650). Questa azione rilanciò la rivolta e permise un consolidamento dei frondisti. Le truppe Reali partirono allora per la riconquista delle province che si erano sollevate, istigate dai Principi e dai loro fedeli, e condussero delle campagne militari in Normandia, in Borgogna e in Guienna. La Corte percorse il Regno. Così, durante la gioventù, Luigi XIV iniziò a conoscere il suo Regno, mentre era in piena guerra civile. Il conflitto politico permaneva, così Mazzarino decise di nascondersi lasciando Parigi nella notte del 6 al 7 febbraio 1651.
Egli passò per Le Havre, dove i
Principi erano stati alla fine imprigionati e li libera, prima di
lasciare la Francia. I parigini si recarono al Palazzo Reale, nella
notte del 9 al 10 Febbraio 1651, per vedere se il piccolo Re vi dimorava
ancora e se non avesse lasciato la Capitale. Qualcuno
penetrò nella sua Camera e lo guardò dormire. La Famiglia Reale oramai
era come prigioniera a Parigi. Nella realtà ed in segreto, Mazzarino
tuttavia continuava a dirigere dall’estero gli atti della Reggente. Nel
settembre 1651, quando Luigi divenne maggiorenne e la Reggenza giunse
quindi al termine, Condé, che non aveva potuto imporsi ad Anna
d’Austria, cercò di alzare la testa. E’ questa volta una ribellione
personale di un Principe di Sangue. Condé favorevole ad un potere Reale
forte, non desiderava che il controllo degli Stati (una riunione di
deputati, scelti dai francesi) o la nobiltà. Ma egli volle anche guidare il
giovane Re, al posto della Regina Madre e del suo consigliere italiano.
Egli
potè disporre delle alleanze di Bordeaux e della Guienna, contando pure sugli
spagnoli. Anna d’Austria ricordò a Mazzarino che aveva reclutato a sue spese una piccola armata e che si era ricongiunta al sovrano a Poitiers nel Gennaio 1652.
Turenne, uno dei generali che hanno segnato la fine della
guerra dei Trenta Anni in Germania, si era ricongiunto alla causa Reale
dopo che aveva seguito i Frondisti. Egli condusse i combattimenti contro Condé. Parigi cadde nelle mani degli insorti nella primavera del 1652. Le truppe di Condé e quelle del Re, comandate da Turenne, duellarono intorno a Parigi.
Il Primo e il 2 Luglio 1652, quando la battaglia del sobborgo Saint-Antoine, la Grande Mademoiselle, cugina fraterna di Luigi XIV, fece girare i cannoni contro la Bastiglia e contro le truppe del Re e salvò Condé che riuscì ad entrare nella città. Il 4 Luglio, Parigi conobbe una giornata sanguinosa, il terrore condeniano. Le giornate pericolose di Parigi: Mazzarino e Atto Melani
L’anno 1652 è anche il più
tremendo per la popolazione della regione parigina.
La stanchezza dei francesi divenne evidente. Mazzarino ebbe l’abilità di
allontanarsi una volta ancora per calmare gli animi. Condé lasciò la
Francia e si mise al servizio della Spagna. La Monarchia sembra ormai la
sola garante di un ritorno alla pace interna.
Il
21 Ottobre 1652, Luigi XIV fece una entrata trionfale nella Capitale.
Oggi, gli storici pensano che la Fronda non terminò nel 1653 visto che le
sommosse segnarono anche gli anni seguenti.
La
monarchia non uscì trasformata da questa grande crisi, poiché
nessuna riforma le fu alla fine imposta: il potere reale rimase
assoluto e non subì il controllo né della Nobiltà, né dei
magistrati, né dei deputati che la popolazione designava. Per
contro, la prassi di governo, che si impose ai tempi di Luigi XIV, si
fece memore delle lezioni della Fronda. Luigi XIV pretese, senza odio e
senza debolezza, una obbedienza stretta di tutti i suoi sudditi,
qualunque fosse la loro nascita, anche se non riuscì ad ottenerla sempre.
Ogni velleità di discussione o di contestazione è assimilata ad un
segno di rivolta e repressa in questo senso.
Il tempo delle negoziazioni
era finito a livello politico, cosa che però non impedì le discussioni specifiche sul
campo amministrativo.
Il Re sa meglio di tutti ciò che è la cosa migliore da fare per il suo Regno, perché Dio l’ha scelto come Re e non finisce di ispirarlo: Luigi XIV aveva confidenza nel proprio giudizio, formatosi anche dai pareri dei suoi ministri e dei propri amici. A contatto con i frondisti, il Re acquisisce un disprezzo ed uno sdegno per gli agitatori, gli scontenti e i bravi parlatori che si lasciavano trasportare dalle loro proprie parole.
Un uomo cosciente dei propri
doveri sa dominare il
proprio linguaggio, parla poco e mantiene i propri segreti.
Luigi XIV è stato consacrato a Reims il 7 giugno 1654, secondo la tradizione molto antica della Monarchia Francese.
Ormai, per tutto il tragitto della sua vita, Luigi XIV toccava i malati, poiché il Re di Francia, Re Consacrato, ha secondo le credenze del tempo, il potere di fare i miracoli.
Durante anni, il Cardinale Mazzarino, padrino del giovane Re, incaricato della sua educazione sin dal 1646, l’iniziò alla sua funzione di sovrano e gli descriveva l’Europa politica, ma si guardava tuttavia bene di lasciargli prendere la minima decisione. Il giovane Re apprende anche da sua madre le etichette per vivere in una Corte.
La guerra franco-spagnola volgeva alla fine con il trattato dei
Pirenei del 7 novembre 1659, in cui una delle clausole essenziali è il
matrimonio del giovane Re con la figlia di Filippo IV, l’infanta di
Spagna Maria Teresa. E’ una scommessa sull’avvenire: il
Re di Francia, un giorno, poteva forse condursi a reclamare, in nome di sua
moglie, una parte dell’Impero Spagnolo o il diritto alla Corona di
Spagna.
Luigi
XIV incontrò suo suocero sull’isola di Faisans, nella frontiera
franco-spagnola, ed il matrimonio con Maria Teresa ebbe luogo con una
cerimonia a Saint-Jean-de-Luz, il 9 giugno 1660.
La
data essenziale nel Regno di Luigi XIV è quella del 1661. La morte di
Mazzarino il 9 marzo 1661 condusse
il Re ad una decisione di maturità, annunciata il 10 marzo, e cioè che
non voleva più alcun primo ministro.
Ciò
significa che il Re voleva regnare e governare tutto da solo, cosa che rinforzava
l’immagine della Monarchia, essendo tutti i poteri nelle mani di uno
solo, ma ciò priva anche la Monarchia di un comodo scudo, nel senso che il
malcontento non poteva più esser dirottato verso il principale
ministro. Questa
presa di potere, spesso commentata, viene seguita dalla decisione che
prese Luigi XIV di incarcerare il sovrintendente delle finanze, Nicolas
Fouquet, arrestato il 5 settembre 1661 a Nantes, dove si trovava allora la
Corte.
Fouquet aveva lavorato con Mazzarino per trovare delle risorse finanziarie per portar a termine la guerra e firmare la pace, ed aveva anche permesso al Cardinale di ammassare una bella fortuna, senza naturalmente dimenticarsi di giovarsene egli stesso. Ricevendo con fasto il Re a Vaux-le-Vicomte nell’estate del 1661, Fouquet indispose il sovrano che ritenne che un tale splendore non poteva che esser riservato al solo Re. Il Re aveva già in segreto condannato il sovrintendente, perché egli aveva il controllo delle finanze e ciò gli dava un potere che si svincolava al controllo della monarchia.
Luigi XIV volle che il processo contro Fouquet sboccasse
in una condanna severa: i giudici si accontentarono di bandirlo fuori dal
Regno, ma Luigi XIV, insoddisfatto, mutò questa condanna in detenzione a
vita nella cittadella di
Pignerol. Da
notare tuttavia che Luigi XIV tuttavia non ha fatto giustiziare il suo
ministro, mentre suo padre, Luigi XIII aveva garantito l’esecuzione di
Concini. Queste decisioni del 1661 rivelarono Luigi XIV ai suoi sudditi. Egli rispettava il suo dovere e consacrava la sua energia al "mestiere di Re", che egli riteneva delizioso e di cui aveva la più alta considerazione. Ciò significò un lavoro costante durante tutto l’arco di tempo della sua vita per ascoltare i suoi ministri e i suoi generali, per studiare gli affari ed i progetti, per reprimere e decidere.
Il Re apporta in questo compito una
grande maestosità personale ed un senso dell’educazione che danno
fasto alla funzione reale. Egli fa suo il desiderio dei suoi
predecessori di essere esattamente e perfettamente obbedito e egli si fa
pure temere.
Luigi XIV volle dare fasto a tutte le cerimonie pubbliche, come le udienze accordate agli ambasciatori stranieri. Egli stesso non disdegna allora gli abiti sontuosi ed i gioielli. Egli seppe parlare con chiarezza e fermezza. 1686: Versailles accoglie il Siam
Per rinforzare il
prestigio della Monarchia Francese presso i francesi o presso le altre
monarchie europee, una celebrazione della persona Reale si sviluppò
durante tutto il suo Regno: dei poemi per vantare i suoi meriti, delle
medaglie per ricordare le sue gesta, dei ritratti per immortalare la sua
figura, delle statue equestri erette nelle città del Regno per
diffondere la sua gloria.
Luigi
XIV si piazzava dunque al centro dell’apparato dello Stato, solo capace
di decidere, in tutti i suoi campi e su tutti i sudditi. Egli
affermava anche, arcignamente, di non avere dei favoriti e di non lasciare
a nessuno dei suoi intimi il potere di influenzarlo, in modo da poter
esser pienamente Re e di conservare la libertà di
giudizio che Dio gli ha affidato. Assumendo
così la sua missione Reale, egli si lasciava trasportare dal concerto
delle lusinghe e dalla vaga ammirazione che circondava la sua persona, non
perché si lasciava sedurre dalla adulazione, ma perché aveva appreso
che un tale sforzo rinforzava
l’efficacia del potere monarchico rispetto alla resistenza alla
Regalità. La
logica del sistema monarchico tuttavia gli attribuiva la
responsabilità di ogni decisione presa anche dagli ufficiali di Stato da solo
Monarca, dunque si focalizzava su di lui ogni responsabilità di scelta di
Stato. L’immensa
fortuna di Mazzarino fu gestita da Colbert, che era stato raccomandato
da Mazzarino al Re prima di morire. Conoscitore profondo del sistema finanziario su cui si appoggiava Fouquet, egli preparò la caduta del sovrintendente. Dopo di lui, egli venne incaricato di rimpiazzarlo solo di fatto, poichè non nè aveva mai ottenuto il titolo.
Come
Luigi XIV, Colbert volle assumere egli stesso la carica di sovrintendente,
ma sebbene ministro fin dal 1661, non è che nel 1665 controllore
generale. Egli fece di questa funzione la più importante nello Stato,
proprio come nel Medio Evo il cancelliere ricopriva il ruolo principale. Lo
storico Michel Antoine ha visto lì una rivoluzione del potere
monarchico, dove le finanze divengono il principale fondamento del Regno, mentre
la giustizia sembrava assumerne il suo ruolo principale.
Colbert
lavorava per conoscere meglio gli introiti e le spese dello Stato, e si
sforzava, con successo, di trovare le risorse necessarie per pagare gli
eserciti, per allestire una marina di guerra, costruire i palazzi reali.
Colbert si vide incaricato di seguire numerosi altri campi, fra cui
le
Acque e le Foreste.
Tutti i collaboratori di Mazzarino, Fouquet escluso, restarono al loro posto.
Le
Tellier aveva la responsabilità degli affari militari, e si appoggiava
sempre di più su suo figlio, Louvois, Hugues de Linone, poco più di un
segretario di Mazzarino, che dirigeva la diplomazia francese. Luigi
XIV, fino agli ultimi momenti della sua vita, consacrò egli stesso molto
tempo agli affari di Stato. Essi erano discussi nei consigli. Il più
importante per gli affari di politica generale e gli affari esteri è il
Consiglio dei Ministri: ogni persona che vi era chiamata diveniva ministro
di Stato.
In
questo quadro, il Re non aveva che un pugno di ministri, ai quali egli
affidava la sua fiducia, spesso sino alla loro morte, non senza ricordare,
all’occorrenza anche rudamente, il peso della sua autorità.
Egli
chiedeva una devozione in ogni istante, il segreto più assoluto ed un
lavoro immenso. Egli scelse i suoi consiglieri fra un piccolo numero di
famigli, spesso usciti dalla borghesia nobilitata, e non dell’alta
nobiltà, come i Colbert e i
Tellier per esempio. Il Consiglio di Stato trattava il dettaglio degli affari e interrompeva le discussioni in nome del Re. A questa organizzazione antica della Monarchia, si aggiunge una amministrazione nuova che si rinforzava attorno al controllore generale e ai Segretari di Stato – della Guerra, degli Affari Esteri, della Casa del Re e della Marina, degli Affari della Religione pretesa riformata. Tutti questi collaboratori non erano necessariamente ministri. Essi lavoravano con dei primi commessi ed essi eseguivano in dettaglio le decisioni prese dal Re. Luigi XIV scelse spesso di lavorare direttamente con loro.
Nelle province, il potere Reale si appoggiava sempre di più sugli intendenti che non dipendevano se non da lui e le cui competenze non potevano allargarsi, giacchè essi presidiavano la giustizia, la polizia e le finanze.
Essi si
imposero sempre più verso le autorità locali – i governatori delle
province, i vescovi, i gentiluomini, i giudici, le municipalità.
Il
potere reale è per definizione assoluto, cioè senza legami. Il modo
con cui Luigi XIV ha esercitato questo potere e questa amministrazione
più ricca sono all’origine della nozione di assolutismo che gli
storici hanno privilegiato, non senza un margine di errore. Con
lo storico Roland Mousnier, è preferibile evocare
una monarchia
amministrativa che non si accontentava più di arbitrare e di controllare,
ma che intraprende, gestisce e dirige. La
politica di Luigi XIV si orientò fin da subito verso una affermazione
della Francia in Europa e il Re seguì la linea fissata da suo padre e
dai due Cardinali-Ministri. La Francia beneficiava di una situazione
favorevole, dal momento che non aveva più nulla da temere la minaccia
degli Asburgo, molto indeboliti dalle lunghe guerre, così come per il
Trattato di Westfalia e dei Pirenei.
Il Regno di Francia, il paese più popolato d’Europa, aveva mostrato che poteva finanziare delle grandi armate. Luigi XIV, un Re giovane, ha l’ambizione di raffigurarsi e, nell’universo del XVII secolo, la gloria è innanzitutto militare. Per questo, si doveva guerreggiare e vincere. La situazione della pace in Europa permetteva a Luigi XIV di progettare e prepararsi alla guerra, senza doverla subire. Questa preparazione segnava i primi anni del suo governo personale.
Hugues
de Lionne si incarica di condurre dei trattati in tutta Europa per
tessere delle relazioni solide e firmare dei trattati che forniscono
alleati alla Francia in caso di conflitto. Le Tellier ottiene la carica
di riorganizzare le armate e suo figlio Louvois riuscì pure ad
aumentarne le dimensioni senza comprometterne la disciplina o la
coesione. Infine, Colbert, riuscì a dare alla Francia, paese senza
una
vera tradizione marittima, una flotta da guerra capace di rivaleggiare
con quella dell’Inghilterra e dei Paesi Bassi, nazioni che come sappiamo
avevano sempre avuto un ruolo primario nei mari. Dopo l’Impero, la Francia diviene la prima potenza Europea. Luigi XIV scatena la tensione politica in Europa, utilizzando un incidente diplomatico all’estero per ottenere dei risarcimenti e, da questo, per affermare la sua preponderanza in Europa.
Nella gerarchia simbolica dei Re, egli occupa il primo posto,
subito dopo l’Imperatore. Alla morte di suo suocero, il Re di Spagna,
egli avanza i diritti della Regina Maria Teresa, che tuttavia si era
impegnata a rinunciare solennemente ogni pretesa verso la Spagna. Dei
giuristi utilizzarono come argomento un diritto dei Paesi Bassi
spagnoli, il diritto di devoluzione, che servì da pretesto alla guerra.
L’avanzata dell’armata francese nei paesi bassi spagnoli non incontrò particolari resistenze, ma ciò inquietò l’Inghilterra e le
Province-Unite, che si misero a minacciare un loro intervento, cosa che
indusse Luigi XIV a porre fine a queste operazioni militari ottenendo
delle belle città al nord, prese alla Spagna, come Lille e Douai. La
pace non durò che due anni. Luigi XIV comprese che bisognava ancora trovare altre alleanze, così come
rinegoziare quelle nel 1670 con il Re d’Inghilterra Carlo II. Ricordiamo
che tale Re nella gioventù visse e sopravvisse dopo la decapitazione di
Carlo I presso la Corte francese: Luigi XIV soccorse infatti, diede
protezione e mantenne la Regina madre, vedova del Re ucciso da Cromwell,
e la Principessa Enrichetta, poi moglie di Luigi Filippo di Orleans, ed
appunto il futuro Carlo II.
Il Re di Francia decise di attaccare l’Olanda che aveva osato fermare la sua corsa di conquistatore. La guerra iniziò nel 1662 con delle vittorie eclatanti, ma, se le Province Unite venivano invase, in realtà esse non avevano capitolato.
Una rivoluzione politica condusse al potere, a La Haye, Guillaume d’Orange che gestì la resistenza olandese contro l’invasore francese e permise alla fine di cacciarli dall’Olanda. Ormai e fino alla sua morte nel 1702, il Principe d’Orange si erse di petto contro Luigi XIV, contro il quale seppe mobilitare l’Europa.
L’Inghilterra, che si era impegnata in questo conflitto a fianco della Francia, si vide costretta a ritirarsi, visto che questa alleanza con un Re Molto Cristiano sembrava sospetto agli inglesi protestanti. L’imperatore ed il Re di Spagna entrarono in guerra contro la Francia. Nondimeno i generali di Luigi XIV riportarono delle belle vittorie: in particolare quella di Turenne a Turckheim nel 1675.
La Marina Reale, comandata da Duquesne, ottiene anche dei successi strepitosi sulle coste della Sicilia nel 1676 contro la temibile flotta olandese.
La pace firmata a Nimègue
nel 1678 permise delle nuove
conquiste territoriali per la Francia al nord, con Cambrai, Valenciennes e Maubeuge
per non parlare della Francia-Contea: la Spagna capitola ancora una
volta agli appetiti territoriali francesi. La
politica reale trova la sua coerenza spingendo il confine a nord lontano
da Parigi e rendendolo più lineare, grazie all’abbandono delle
inclusioni straniere nel territorio.
Per
rendere difficili ogni invasione del Regno, l’ingegnere Vauban è
incaricato di costruire o ricostruire delle fortezze su tutti i bordi di
confine del Regno. Così
egli elaborò questa “cintura di ferro” che doveva assumere il ruolo
di difesa della capitale e garantire il territorio francese da ogni tipo
di incursione nemica. Se
la ricerca di gloria personale, l’affermazione della presenza francese
in Europa, l’ingrandimento e la fortificazione del territorio appaiono
come le preoccupazioni essenziali di questo inizio del Regno, queste non
sono le sole. L’ordine
pubblico divenne argomento di grande interesse.
Luigi
XIV aveva vissuto i disordini della Fronda e lavorò per impedirne il
ritorno. Egli costrinse la sua Famiglia prossima alla più stretta obbedienza. Cercò di controllare la nobiltà, da lungotempo ribelle e litigiosa.
Richiamato all’ordine fin dal 1655, il Parlamento di Parigi sentiva il
peso dell’autorità Regale e Luigi XIV impedì le rimostranze prima
della registrazione degli atti, cosa che condusse i parlamentari parigini a non più
opinare sulle decisioni Reali e ad accontentarsi del mero ruolo
giudiziario.
A Parigi la creazione della carica di "luogotenente generale di polizia" mostra lo stesso desiderio di assicurare la sicurezza della città, migliorando la vita quotidiana nella capitale. La Reynie, il primo a ricoprire questa carica, si fece stimare, e fu protagonista di quella complessa faccenda che viene comunemente chiamata l'Affare dei Veleni. L'Affare dei Veleni e la strega La Voisine
Ci sono ancora delle rivolte
nel Regno legate a delle resistenze di fronte alle imposte, così la
guerra del Lustucru nel Boulonnais nel 1662 o la rivolta della carta
stampata in Bretagna nel 1675. Nondimeno queste rivolte sembrano
rarificarsi dopo il 1680 e così ancora la Francia si presenta come una
società sottomessa all’autorità Regale. Grazie
a questa relativa tranquillità interna, grazie alla tenacia di Luigi
XIV e dei suoi ministri, il governo fu in grado di ingaggiare importanti
riforme per uniformare ed adattare il diritto francese, e questa azione
si inquadra naturalmente sulla scia degli sforzi compiuti dalla
monarchia sin dall’inizio del XVI° secolo. Questo lavoro di lungo respiro
condusse alla pubblicazione delle Grandi Ordinanze, per la
Procedura
Civile nel 1667, per la Procedura Penale nel 1670,
le Acque e le Foreste
nel 1669, il Commercio nel 1673. la Marina nel 1681 e le
Colonie nel
1685. Questa
struttura legislativa non è di ispirazione liberale, ma al contrario
rafforza i controlli, ed ha il vantaggio di chiarire la gestione di
certe situazioni e di
evitare zone d’ombra che erano spesso gestite arbitrariamente. Luigi
XIV si mostra meglio forse nella vita di Corte e per il suo gusto per
l’Arte. L’idea di sviluppare attorno a sé e della vita del Re una Corte soggiogata a regole strette che, come lo ha menzionato il Duca di Saint-Simon, consistevano a dare importanza a delle cose di poco conto, ha delle origini molto lontane.
I Valois, e soprattutto Enrico III, hanno avuto
il desiderio di stabilire una etichetta forte che segna la
distanza fra
il monarca e i suoi cortigiani.
Questa evoluzione fu favorita sia dalla
presenza in Francia delle Regine venute dalla Spagna che ha frenato le guerre, civili e estere, sia
dalla
personalità di Enrico IV e di Luigi XIII. Luigi XIV invece diede molta importanza a questa vita sociale singolare. Sicuramente ci volle del tempo per arrivare a questo meccanismo immutabile che si istituì a Versailles e che permise all’universo intero di sapere in ogni istante ciò che faceva il Re di Franciain ogni momento, in un rituale giornaliero. La Corte per lungo tempo era restata itinerante, con una netta predilezione per Saint-Germain-en-Laye.
Nondimeno Luigi XIV diede già a
Versailles nel 1664 un bell’insieme
di feste conosciute sotto il nome de
I Piaceri dell’Isola Incantata. La vita di Corte presupponeva una assiduità presso il Re, soprattutto se il cortigiano era titolare di una delle innumerevoli cariche del suo Casato che davano l’effetto di ridurre un gran signore a svolgere delle funzioni di domestico, anche se in realtà si trattò di soprattutto di supervisionare il lavoro dei suoi servitori reali.
Ma questa società,
per Luigi XIV, doveva esser il luogo di ogni delizia e, se vi era il
rituale, esso si doveva accompagnare con ogni piacere, quello della Musica
come quello del Gioco, del Teatro come
quello della Caccia, quello della
Danza e quello della Tavola.
A
seconda dei periodi della sua vita, Luigi XIV riuscì più o meno bene
ad animare la sua Corte. La sua giovinezza lascia un ricordo di fasto e
gioia, tanto che il Re, poco fedele, benché rispettoso nei confronti della
Regina
Maria Teresa, diede l’esempio di una vita amorosa agitata, finanche
libertina. Dopo
numerose favorite più o meno conosciute, venne il turno
dell’imperiosa, elegante, e spirituale Marchesa di Montespan che
caratterizza bene questa giovinezza della Corte.
Attorno
al Re, vivono i suoi prossimi: Anna d’Austria, che Luigi XIV isola
dalla gestione degli affari e che morì presto, Maria Teresa che visse
nell’ombra del suo augusto marito, il solo bambino della coppia reale
sopravvissuto, il Delfino, chiamato Monseigneur,
e più tardi i suoi figli,
il fratello
del Re, Monsieur e le sue
spose successive,
Enrichetta d’Inghilterra, poi, dopo la sua morte, la
Principessa Palatina.
Tutta
la vita di Corte ruota attorno alla giornata del Re: la sua alzata, con
una gerarchia stretta di “entrate” che segna il grado di intimità
con il Re, la Messa, con lì anche delle distinzioni, la cena e il
coricarsi alla fine.
Come
la vita di Corte è il migliore mezzo per farsi conoscere dal Re, così
essa favorizza una discreta messa al passo della nobiltà che attende
dal Re dei favori: governo, ambasciate, comandi militari per i
primogeniti, vescovati od abbazie per i cadetti.
Restando
lontani dal Re, a Parigi o in provincia, dei lignaggi si chiudono la
porta dei favori Reali e si condannano spesso al declino.
La stessa attenzione si impose riguardo le arti e Luigi XIV si dimostra qui l’allievo di Mazzarino, che gli insegnò i crismi delle Corti italiane. L’arte può servire all’immagine del Re che deve proteggere ed incoraggiare gli artisti. Il Re deve anche essere l'unico ad esser promotore delle grandi realizzazioni d'arte.
Il sovrano ha infine verso le istituzioni che noi chiamiamo culturali la stessa propensione: una palese protezione, un desiderio di fare e una sorveglianza determinata. Luigi XIV accettò di essere il protettore dell’Accademia Francese e diede pure il suo parere sulla scelta dei futuri membri dell’Accademia.
Si costituirono nuove Accademie come per esempio: l’Accademia delle Iscrizioni nel 1663, l’Accademia delle Scienze nel 1666. Cassini e l'Osservatorio di Parigi L’Accademia Reale di Pittura e Scultura esisteva dal 1648.
Luigi XIV ha il gusto per la musica: essa accompagna tutti i momenti della sua vita che non sia riservata al lavoro o alla caccia. Nella sua giovinezza, egli partecipa con piacere a degli spettacoli di ballo e favorizzò la nascita dell’Opera francese – Tragédie Lyrique. Egli sorvegliò anche tutte le realizzazioni architettoniche del suo Regno e costituì delle belle collezioni, specialmente di quadri.
Luigi XIV sostenne Molière ed attirò presso di lui Racine e Boileau.
Anche
se la celebrazione ufficiale del Re e della sua gloria può apparire oggi
eccessiva, bisogna nondimeno ritenere che la maggioranza dei francesi si
mostrava sensibile ad una politica che garantiva l’ordine all’interno
e dava un grande prestigio alla monarchia francese.
Luigi XIV, dopo Nimega,
mise in atto delle iniziative che
prolungarono, nel loro indurimento, gli obiettivi di inizio Regno, ma che
si rivelarono più pericolose.
Nella politica interna All’interno, il Re cercò di ristabilire l’unità religiosa in Francia.
Luigi XIII e Richelieu avevano conservato la tolleranza accordata dall’Editto di Nantes ai protestanti, togliendo loro la potenza politica e militare.
Il
Regno personale di Luigi XIV corrispose al contrario ad un tempo di
persecuzioni. Sembrava possibile al governo di ottenere la conversione dei
riformati, all’occorrenza tramite la minaccia, o installando presso di
loro dei soldati che moltiplicavano le esazioni. Queste “dragonnades”
sembravano efficaci poichè le conversioni si moltiplicarono e con questi
risultati Luigi XIV
si lasciò convincere che bisognava fare ancora di più: nel ritenere considerare che
non vi erano più protestanti in Francia decise che l’Editto di Nantes non
serviva più a niente. Egli dunque lo revocò nell’ottobre del 1685.
I
cattolici ferventi celebrarono questa Revoca come il trionfo della vera
religione. In realtà, numerosi protestanti scelsero di lasciare la
Francia e di stabilirsi fuori del Regno. Qualche voce, così come quella di Vauban, si alzò al momento della Revoca per deplorare queste partenze che indebolivano il paese e fortificavano gli stati confinanti. I riformati che dimoravano in Francia dissimularono le loro convinzioni religiose. Più tardi, all’inizio del XVIII° secolo, le Cévennes conobbero una rivolta protestante e i “Camisards” riuscirono anche a battere dei reggimenti Regi nel 1704. La Revoca indignò anche i Principi protestanti in Europa che spesso dal XVI° secolo erano stati degli alleati della Francia. Ciò alimentò gli attacchi contro la politica tirannica del Re di Francia, presentata come un pericolo per tutti i protestanti d’Europa. La stessa severità segnò l’attitudine Reale verso i cattolici che sembravano allontanarsi un po’ dalla dottrina ufficiale della Chiesa.
I Giansenisti (che favorivano un
cattolicesimo rigoroso ed austero) conobbero così picchi di persecuzione
e di tolleranza. Alla fine del suo Regno, Luigi XIV disperse le ultime
file religiose del focolaio del Giansenismo, l’Abbazia di Port-Royal (1709),
e ne fece radere le costruzioni (1710) . Infine egli ottenne una volta
ancora dal Papa la condanna del giansenismo attraverso la
Bolla Unigenitus
(1713). Il
Re considerava dapprimil a castello di Versailles come una residenza
di campagna, dove la Corte non veniva, poi decise che essa doveva
installarvisi, così come accadde nel Maggio del 1682. Amante
della caccia e delle passeggiate all’aperto, Luigi XIV decise di
trasformare il piccolo castello dove suo padre amava soggiornare. Il Re
mise fine agli spostamenti permanenti della Corte, anche se essa li faceva
ancora, ogni anno, coi soggiorni a
Marly o a
Fontainebleau. E’ anche un modo per riconoscere che il nuovo peso dell’amministrazione rendeva difficile questo antico itinerario: così si creò una capitale politica ed amministrativa del Regno che non si confondeva più con Parigi. Il Re non visse più in mezzo ai Parigini, e ciò non è senza dubbio privo di importanza. Il Palazzo non era terminato quando questa installazione definitiva della Corte si effettuò, ed i lavori continuarono per molto tempo, perché il Re aveva un forte gusto per le sue costruzioni ed amava cambiare spesso il quadro lussuoso in cui egli viveva. Luigi XIV prese a suo servizio gli artisti che avevano lavorato a Vaux: Le Vau come architetto, Lebrun per la pittura e Le Nôtre per disegnare i giardini.
Più tardi
Hardouin-Mansart ingrandì l’insieme con del costruzioni sui giardini,
le ali, le scuderie.
Luigi
XIV aveva appreso da Mazzarino il rispetto per l’Arte, la ricerca della
Bellezza ed il desiderio di fasto: la sua dimora doveva incarnare tutto ciò
su tutto il Regno ed il mondo. La Galleria degli Specchi è una delle realizzazioni che abbacinò i coevi: oltre alle sue proporzioni impressionanti, essa offre un insieme di pitture alla sola gloria del Re di Francia. La presenza della Corte presuppose che alcuni locali fossero adattati per l’amministrazione del Regno, per i cavalli e le carrozze, per la vita quotidiana, per i soldati che proteggevano il Re.
Una città nuova nacque dunque attorno alla
Reggia. Nel
momento di questa installazione, Luigi XIV, vedovo di Maria Teresa, decise
di condurre una vita rispettosa delle regole della Chiesa e così sposò
segretamente nel 1683 Madame Scarron, vedova del poeta, che ha allevato i
figli adulterini del Re e che il favore Reale fece
Marchesa di Maintenon.
Questa donna intelligente conduceva a Corte una vita discreta e ritirata,
ed il Re non esitava a domandarle il suo parere su delle questioni
importanti.
La Marchesa di Maintenon e il suo Castello Luigi
XIV desiderava estendere i suoi successi militari e diplomatici
rinforzando la difesa del territorio. Si trattò di acquistare dei nuovi
domini sul confine del Regno. Per far ciò, i giuristi e storici
sfogliarono gli archivi per trovare dei documenti che attestavano dei
vecchi diritti feudali che facevano dipendere delle terre situate fuori
del Regno come feudi nuovamente acquisiti dalla Francia. Se il signore non
riconosceva questo legame e l’autorità del Re, Luigi XIV poteva confiscare le
terre. Queste “riunificazioni” permettevano così numerose annessioni in
modo del tutto pacifico.
Nello
stesso spirito, Luigi XIV occupò, senza resistenze, la città di
Strasburgo nel 1681. Queste provocazioni suscitarono la collera dei Principi tedeschi, lesi da queste procedure: essi si rivolsero all’Impero, nel momento in cui lo stesso lottava contro i turchi e riusciva, grazie al Re di Polonia Jean Sobieski, a liberare la sua capitale, Vienna.
Il Re di Francia, alleato tradizionale
dell’Impero Ottomano, si guardò bene dall’aiutare il sovrano
d’Austria ed d’Ungheria.
La
mobilizzazione progressiva dell’Europa condusse ad un nuovo conflitto,
la guerra detta in Francia della Lega d’Asburgo (1688-1697). Nello stesso
momento in Inghilterra, lo sbarco di Guglielmo d’Orange fu permesso dal
malcontento degli inglesi rispetto il loro Re cattolico, Giacomo II Stuart.
Che dovette rifugiarsi in Francia. Guglielmo d’Orange oramai regnava a
Londra. La guerra che andava ad iniziare ebbe dunque una dimensione
marittima, le flotte francesi sostennero gli sforzi di Giacomo II per
riconquistare il Trono e Regno. I successi francesi durante la battaglia navale di Béveziers nel 1691 non fu confermato l’anno successivo: dopo una difficile battaglia, una parte della flotta da guerra francese fu incendiata a La Hougue. Questa rovinosa guerra di squadra lascia poco a poco il posto alla guerra di corsa.
Nel
nome del Re, dei corsari, venuti da Dunkerque o da Saint-Malo, attaccarono
i vascelli mercantili dei nemici, compromettendo così il commercio
internazionale. Il Dunkerquois Jean Bart moltiplicò le sue prodezze. Sul
continente, le armate di Luigi XIV devastarono il Palatinato: questa
mescolanza di saccheggi e di minacce, destinati ad ottenere dei versamenti
di denaro, ferì duramente la Germania per il suo aspetto sistematico e
disumano. Le armate francesi riportarono delle vittorie, mostrando la loro
capacità di tener testa ad una forte coalizione europea. Nondimeno, Luigi
XIV apparve sempre più isolato in Europa. Il
bilancio delle annate 1680-1690 sembrava ambiguo – una guerra difficile
e delle tensioni religiose nel Regno. A ciò si aggiunse una crisi
economica grave dovuta a delle difficoltà climatiche negli anni
1693-1694. Nei tre quinti del territorio francese, la mortalità si
raddoppia e, tra l’inizio del 1693 e l’inizio del 1695, dal 10 al 15%
della popolazione scomparve. Le
zone più toccate sono i paesi sulla frontiera nord, l’area parigina, il
paese della Loira e del Massiccio Centrale, fino a Sud-ovest. Per
una Francia di 22.452.000 abitanti (nelle frontiere attuali), 2.836.000
morirono in 2 anni, e 1.300.000 persone in più che nel corso dei due anni
precedenti ed anche dall’agosto del 1693 al luglio del 1694 si contarono
1.800.500 morti. Nel
1694 ci sono 587.000 nascite, e 215.000 in meno che in tempi normali. La
popolazione francese diminuisce del 6,8% e in tre anni si registrano
100.000 matrimoni in meno. Queste
sofferenze annunciarono le grandi difficoltà della fine del Regno. Se
Luigi XIV ha vissuto fino a 77 anni, egli vide per contropartita la morte
di tutti i suoi collaboratori: Colbert nel 1683, Louvois nel 1691. Il Re
vide anche l’arrivo di una nuova generazione di Ministri che avevano
senza dubbio delle nuove idee. L’amministrazione si arricchì e si
sforzava di conoscere meglio il Regno, la sua popolazione, le sue risorse,
le sue diversità, come lo provano le memorie comandate agli intendenti
per l’istruzione del duca di Borgogna, il maggiore dei nipoti del Re
(1697). Molti progetti di riforma si elaborarono; in questo spirito, per finanziare le guerre, una imposta per testa, la Capitazione, creata nel 1695, finì per toccare tutti i sudditi, nobili compresi, in conformità della ricchezza o dello stato sociale.
Più tardi nel 1710, una nuova imposta, la decima,
mostrò lo stesso desiderio di rispettare la capacità di ciascuno e la
giustizia sociale. Infine, è possibile che già una società ed una
economia nuova stesse emergendo, in particolare i porti verso
l’Atlantico cominciavano a interessarsi al commercio coloniale. E’
anche in uno spirito di moderazione che si svilupparono le negoziazioni
per metter fine alla guerra della Lega d’Asburgo. Luigi XIV accettò di
riconoscere Guglielmo III come Re d’Inghilterra e di abbandonare le
terre annesse durante le “ricongiungimenti”, salvo Strasburgo. E’
vero che questa moderazione si manifesta nell’attesa della morte del Re
di Spagna, Carlo II, che non ha avuto una discendenza diretta. In ragione
dei legami familiari tra le case sovrane, numerosi principi potevano
pretendere il trono spagnolo e fra di essi la Casata francese, così come
l’Imperatore e i suoi figli. La
posta in gioco è grande poiché l’immenso impero spagnolo si stende in
Europa e nel mondo intero: Luigi XIV e Guglielmo III prepararono delle
soluzioni diplomatiche che ne prevedevano la spartizione. Ma gli spagnoli
non accettavano di vedere il loro impero diviso per la cura di altre
potenze europee e Carlo II, al soglio della morte, fece un testamento che
designava come successore il secondo nipote di Luigi XIV, il Duca d’Anjou,
poiché solo il Re di Francia sembrava solo esser capace di mantenere
l’integrità di questo insieme di territori.
Dopo
delle discussioni all’Alto Consiglio di Stato, Luigi XIV accettò questo
testamento il 16 novembre 1700. Un Borbone, Filippo V, partì per regnare
in Spagna.
Una
tale decisione scatenò una nuova guerra, detta di Successione Spagnola.
Le potenze marittime dell’Inghilterra e delle Province Unite, che
volevano impossessarsi del
commercio con le colonie spagnole d’America, si innalzarono contro
questo nuovo ordine internazionale, l’Imperatore intervenne in nome dei
suoi diritti per la Corona di Spagna ed una grande alleanza si formò
contro il Re di Francia e suo nipote, Filippo V. Non si tratta qui si
entrare in dettaglio, ma di evidenziare qualche punto. Sicuramente
l’accerchiamento della Francia dai possedimenti della Casa degli Asburgo
era scomparso. Nondimeno, per una gran parte, la monarchia francese
dovette contribuire a difendere i possedimenti spagnoli di fronte ai
nemici. Dopo qualche annata incerta, divenne chiaro che la situazione dei
Borboni era difficile. Dei lembi interi dell’impero spagnolo cadono
nelle mani degli alleati che occuparono una parte della penisola iberica
stessa. L’Inglese
Marlborough ed il generale dell’Impero, Eugenio di
Savoia, inflissero delle rudi disfatte alle forze di Luigi XIV. Le
armate alleate penetrarono nel territorio francese a nord e Lille cadde
nel 1708. Luigi XIV cercò di negoziare e, attraverso delle discussioni,
apparve chiaramente che Filippo V voleva abbandonare il suo trono a
Madrid. Il Re accettò questa idea, ma rifiutò di cacciarlo lui stesso
suo nipote dal suo nuovo Regno. Ora
il vento cambiò. I Casigliani si mostrarono fedeli al Principe Francese:
gli alleati trovarono delle difficoltà nella Spagna stessa; i Borboni
quindi trovarono i mezzi per continuare la guerra, malgrado il terribile
inverno del 1709 che si abbatté sui francesi. Una nuova crisi economica
si creò legata al gran freddo dell’inizio del 1709 che generò cattivi
raccolti, carestia ed epidemia. Il
Re di Francia, in una lettera solenne e commovente, fece appello il 12
giugno 1709 al sentimento patriottico dei suoi sudditi per continuare la
guerra. Soprattutto, questo lungo conflitto condusse ad una disgregazione
della coalizione contro i Borboni: l’Inghilterra si dichiarò pronta a
negoziare alla fine del 1710.
Nel
momento in cui l’idea si affermò che Filippo V restasse Re di Spagna
perdendone una buona parte dell’Impero, in Italia per esempio, Luigi XIV
vide decimarsi la sua famiglia e la situazione politica dopo la sua morte
divenne incerta. Suo figlio, il maggiore dei suoi nipoti, il maggiore dei
suoi bisnipoti morirono fra il 1711 ed il 1712. Filippo V si riavvicinava
alla Corona o ad una eventuale reggenza e con lui lo spettro inquietante
per l’Europa di una unione della Spagna e della Ffrancia. Nondimeno
dopo una vittoria francese inattesa (1712), dopo delle rinunce solenni
imposte ai Borboni dalla diplomazia inglese, per garantire la separazione
dei due Regni, la pace venne firmata a Utrecht nel 1713, poi a Rastadt nel
1714. Malgrado i lutti che lo affliggevano, il Re conservò per lungotempo
la sua vitalità. Egli moltiplicò le precauzioni per preparare il suo
regno al suo erede, un bambino nato nel 1710. Luii XIV continuò a
lavorare con costanza e la malattia gli lascia ancora il tempo e
l’energia per prendere congedo dai suoi intimi e dai suoi cortigiani,
non senza maestà. Egli avrebbe detto ai suoi cortigiani: “Io me ne
vado, ma lo Stato durerà sempre… io spero anche che voi farete il
vostro dovere e ci vi ricorderete qualchevolta di me”.
Luigi
XIV morì il 1° Settembre 1715.
La Reggia di Versailles riassume l’ambizione del Regno di Francia. Egli
conserva gli acquisti delle generazioni successive, ma appare chiara
come la creazione simbolica di Luigi XIV; il monarca consacra molto
tempo, attenzioni e passione per questa residenza che persome la
riunione di tutte le energie creatrici attorno ad un medesimo progetto.
Un tale sforzo si nutrì della volontà comune di superare tutto ciò che esisteva o
era potuto esistere fino allora, e d’offrire al più gran monarca del
mondo la dimora degna di lui e di permettere ai suoi sudditi di stupire
l’universo. Versailles mobilizzò numerosissime forme d’arte –
architettura, pittura, scultura, l’arte dei giardini, oreficeria,
ebanisteria – e la vita di Corte ne favorizzò altre, per la danza, i
vestiti, i gioielli, le arti culinarie….
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