Era figlio del veneziano maestro di cappella alla corte di Hannover Matteo
Lotti, e compì la sua formazione sotto l’egida di
Legrenzi.
Nel 1687 iniziò una attività vocale come cantore aggiunto nella Cappella
ducale di S. Marco e nel 1689 come contraltista.
Nel 1690 fu nominato aiuto organista, nel 1692 organista del 2 organo e
nel 1704 del 1° organo, incarico che mantenne sino alla morte, con
eccezione della parentesi dedicata alla trasferta a Dresda. Partecipò alle
riunioni che si svolgevano nella dimora dei due noti fratelli
Alessandro
Marcello e
Benedetto
Marcello, ai quali ebbe modo anche di dargli qualche
lezione di musica. Fra gli altri suoi allievi si possono ricordare Alberti,
Bassani,
Gaspanini,
Galuppi, Pescetti
e Caratelli, il quale lo sostituì sovente nei suoi impegni in particolar
modo negli ultimi anni.
Nel frattempo era stata presentata nel 1692 la sua prima opera, Il trionfo
dell'innocenza, fatto questo che segnò un impegno sul fronte teatrale
producendo 17 opere sino al 1717: il successo riscosso gli fece ottenere
l'invito dell'elettore di Sassonia alla sua Corte di Dresda.
Fu così che, ottenuto il permesso, nel 1717 partì alla volta di quella
città con una compagnia di cantanti italiani, fra cui si possono
annoverare la moglie Santa Stella e
Senesino, con alcuni strumentisti
della cappella e con il librettista Luchini.
A Dresda rimase sino al 1719: forse incontrò
Bach (che ebbe per lui
ammirazione, conobbe le sue composizioni e ne copiò alcune) e rivide
Handel già incontrato a Venezia nel 1708/09 (secondo Chrisander).
Nel 1719 tornò in Italia e si dedicò esclusivamente alla composizione di
musica sacra e da camera, senza dimostrare una preoccupazione a pubblicare
le sue composizioni.
Nel 1736 venne eletto maestro di Cappella in S. Marco.
Non pubblicò che 2 opere tra cui l'op. 1 che contiene il celebre madrigale
In una siepe ombrosa (pubblicata poi da
Giovanni Bononcini
nel 1731, a Londra, come suo, facendo sorgere lo scandalo che lo costrinse
a lasciare l’Inghilterra), aspramente attaccato da
Benedetto Marcello.
Lotti non tralasciò mai il genere madrigalistico, arricchendolo con uno
spirito nuovo, in armonia con la sensibilità moderna. In queste
composizioni, comprendenti duetti e terzetti, su testi letterari anche
poco felici, c’è una alternanza fra la profondità d'indagine espressiva
nei passi lenti e l’allegria e la freschezza nei tempi veloci, elaborate
con tecnica contrappuntistica raffinata.
Morì d'idropisia.
Tutte le composizioni di Antonio Lotti sono frutto di un ambiente musicale
settecentesco squisitamente veneziano.
La sua vasta e varia produzione lo annovera tra le figure più riassuntive
del barocco veneziano.
Si ritiene che il padre desse i primi rudimenti musicali ad Lotti, ma la
sua formazione si arricchì attraverso l’egida di Legrenzi: fin da giovane
ebbe modo di accedere alle più prestigiose istituzioni musicali di
Venezia, ricoprendo incarichi via via più importanti e rimanendovi sino
alla morte. In queste occasioni ebbe maniera di manifestare la sua
profonda preparazione unitamente ai suoi talenti artistici.
Il melodramma lo vide come un protagonista in piena osservanza delle
tendenze preponderanti dei desideri della società veneziana dell’epoca,
grazie anche alla forte domanda di teatro di musica: Venezia infatti,
assieme a Napoli, a cavallo del Sei/Settecento, era la capitale italiana
del melodramma, titolo che finì poi per condividere inizialmente con
Londra agli inizi del Settecento, e che perse con le seconde e terze
decadi del diciottesimo secolo. Fu proprio attraverso Venezia, a
differenza della città partenopea, che filtravano le esperienze artistiche
provenienti da altri centri. Si deve però dire che i compositori veneziani
ebbero la tenacia di conservare a lungo, durante cioè i primi decenni del
‘700, i caratteri del linguaggio locale, tanto da far sì che vi fosse una
conformazione dei musicisti esterni, che componevano opere per il pubblico
veneziano.
E’ noto il caso di Handel, il quale compose per le scene veneziane
l'Agrippina, riscuotendo un clamoroso successo e dimostrando al tempo
stesso, pur per la sua giovane età, la straordinaria capacità di
padroneggiare anche lo stile “veneziano”, forgiando quel capolavoro quale
è AGRIPPINA, che accolse tali consensi da farlo inneggiare a “Viva il caro
Sassone”. Accadde comunque che alcuni elementi stilistici di origine
partenopea iniziarono a spandersi nella penisola italiana, approdando pure
alla città lagunare, nei teatri della quale frequentemente, per soddisfare
la incessante richiesta, giungevano lavori d'importazione.
Si può ricordare Alessandro Scarlatti, che già nel 1707 compose per il
Teatro S. Giovanni Crisostomo 2 “tragedie in 5 atti“, Il trionfo della
Libertà e Mitridate Eupatore.
Questa espansione degli archetipi napoletani si riversò inevitabilmente
anche allo stile operistico veneziano di Lotti, sebbene solo sotto alcuni
aspetti formali: il fulcro delle sue composizioni può dirsi ancorato al
passato di Cesti,
Cavalli
e anche di
Monteverdi.
La consuetudine di ordinare la materia vocale secondo schemi formali ben
delineati, si riscontra nelle opere dei suoi concittadini,
Pollarolo,
Caldara, Polani,
Albinoni, Ruggeri e Gasparini, che si attengono ad una
rigida osservanza della prassi dell’epoca. Tuttavia alle limitazioni
imposte dal gusto dominante, ogni compositore reagisce in modi diversi
secondo la personale sensibilità artistica.
Nell'aria tradizionale tripartita, tipica del mondo operistico italiano,
Lotti compone dando preponderanza ad un melodismo strofico, unendo una
linea vocale spesso si riallaccia alle modalità del seicento, dove regna
una morbidezza e una stretta osservanza della cadenza del verso. A volte
la sua scrittura si sostanzia in formule espressive del tipo ascendente
per gradi della melodia, in modo da ottenere una evidenziazione del
contenuto drammatico di una singola parola o frase; altre volte impiega
scale, anche cromatiche, per sottolineare il momento di intenso pathos. E’
presente nella scrittura di Lotti anche una tendenza all’inserimento di
motivi di ceppo popolare, come era frequente nel campo operistico
dell’epoca, basti ricordare l'opera AGRIPPINA di Handel, che impiega in
forma dotta zampognate e nenie calabresi. In Lotti troviamo una siciliana
nell'atto IV° del Costantino (1716) e un tema napoletano nel II° del
Polidoro (1714), strumentalizzate a dar evidenza alla drammaticità del
momento, capace di sottolineare la situazione d'angoscia del personaggio.
Alcuni echi di canto popolare veneziano si possono individuare nelle
introduzioni strumentali al Foca superbo (1716) e all'Alessandro Severo
(1716) ed in alcune parti vocali inglobate nello stile aulico dell'aria.
Una particolare cura Lotti pare voglia dare alla strumentazione sia negli
accompagnamenti che nelle parti esclusivamente orchestrali.
Nei recitativi, a volte prettamente sillabici, altre volte sottomessi ad
una più evidente morbidezza, Lotti dimostra una esemplificazione di
continuo, che si ferma ad una sola parte del violino come semplice
appoggio alla voce, mentre nelle arie con uso dell’orchestra, utilizza la
varietà nella distribuzione e dosatura della strumentazione. Lotti è
concentrato a far sì che la voce del cantante non sia soffocata da una
ingenua strumentale: ecco che all’uopo diminuisce gli accompagnamenti a 3
archi, e in questo si può intravedere la concezione strumentale della
sonata a tre (per esempio in Alessandro Severo del 1716), oppure al solo
basso continuo (per esempio in Ascanio ovvero gli odi delusi dal sangue,
del 1718).
Lotti tuttavia riservava un trattamento differente per l’orchestra, sia
nei casi in cui dovesse introdurre brevemente un passo vocale, sia nei
casi in cui lo dovesse interrompere con poche battute: essa si discosta
dal semplice accompagnamento per maggior indipendenza tematica rispetto il
discorso vocale e per l’utilizzo di un ritornello, in stile strumentale
che evoca il gusto seicento, sebbene rivisitato dalle esperienze delle
tecniche Barocche del violino.
Lotti aggiunge a questi stilemi, gravanti nelle opere dell’ultimo periodo
di Dresda, l’introduzione dei modi stilistici dell’Ouverture francese,
evidenti nelle ritmie dell'inizio della incantevole sinfonia, dalla solida
struttura, che apre l’Ascanio (1718) e del fugato del secondo tempo. Anche
la divisione dell'orchestra in 2 “cori”, di cui il 1° formato da soli
archi, il 2° da un ripieno di archi e legni, non disgiunta dall'influsso
del concerto barocco e con qualche reminiscenza nel gusto veneziano
cinquecentesco del doppio coro, trova un legame con Lully: infatti, lo
stare a Dresda, che attorno alla seconda decade del XVIII° secolo era
divenuta un centro di scambi fra vari stili, permise a Lotti di inserire
l’influenza francese nell'ultima opera Teofane (scritta per questa città
nel 1719), dove all'organico orchestrale di base (archi e oboi) Lotti
contrappose un gruppo strumentale di soli fiati collocato sul palco, di
evidente gusto lulliano.
Ancora ignote sono le ragioni che hanno portato Lotti a rinnegare del
tutto la composizione teatrale, tuttavia questa mancanza si può dire
compensata dalla ricca produzione di musica vocale sacra e da camera, che
occupò tutto il resto della sua vita.
Antonio Lotti, condivide con Antonio Caldara il primato tra i suoi
contemporanei veneziani, che coltivarono accanto al teatro anche le forme
“dotte e severe” della musica sacra.
Lotti, che era naturalmente incline a un linguaggio rigoroso, che
nell'opera teatrale raggiunse momenti significativi nella gravità melodica
di molte arie, si mosse con grande professionalità nel campo a lui
congeniale della polifonia classica, sacra e profana.
L'imperante strumentalismo barocco e l'interesse preponderante verso il
teatro avevano fatto passare in secondo piano il legame con l'antica
tradizione del canto sacro. L'opera d Lotti in questo settore ripristina
alcuni rapporti con lo stile severo degli antichi maestri, aprendo la via
al ritorno di archetipi palestriniani. Questa riesumazione tuttavia
contemperò le antiche forme contrappuntistiche con le innovazioni di una
tecnica armonicamente più avanzata collimando con il gusto dei
contemporanei: ecco così che ai brani strettamente palestriniani a stile a
cappella, tra cui un noto Salve Regina a 6 voci, si alternano molti nello
stile concertante, in linea con la tradizione della scuola veneziana, il
cui inizio si nota in molte composizioni del Vespro della Beata Vergine e
della Selva morale e spirituale di
Monteverdi e che prosegue con l'opera
sacra di
Cavalli.
Queste composizioni di Lotti non possono intendersi come una rifioritura
del Mottetto concertato, anche se sovente sono insigni e geniali: devono
vedersi solo come degli esempi isolati.
Lotti eccelse nella pratica allora in voga di musicare solo alcuni brani
che l’intero testo delle Messe: considerando le sue composizioni nel campo
sacro è possibile affermare che i testi sacri dal contenuto drammatico
sono i più confacenti alla sua indole artistica. Ecco che il noto
Crucifixus a 10 voci e continuo racconta il dramma di Cristo con immagini
musicali di grande plasticità, attraverso una intensa penetrazione
armonica, con idee imprevibili ed ardite, capaci di evocare profondi
sentimenti ed emozioni. Esemplari in questo suo attaccamento al drammatico
sono il Dies irae a 5 voci e strumenti e il Miserere in re minore a 4 voci
a cappella, dove l'abilità contrappuntistica di Lotti, la solidità
costruttiva, la ricerca espressiva, lasciata spesso ad un cromatismo
ripetuto, che si evidenzia nelle fughe finali, tocca vertici sconosciuti
in quel tempo.
L'ideale artistico perseguito da Lotti nella produzione liturgica non avrà
più un seguito, salvo sporadici esempi: il gusto predominante per il
teatro invade anche le cappelle musicali, e si installa uno stile più
operistico, che dominerà in Italia per tutto l'Ottocento, sino a che la
Riforma di Pio X nel 1903 bloccherà questo stile, ridando rigore alla
musica ecclesiastica e riconoscerà in Lotti uno degli autori più “sacri”.
Sebbene contraddistinti da una innegabile nobiltà e severità stilistica,
gli oratori di Lotti sono poco interessanti rispetto la produzione vocale
da camera che da alcuni studiosi è ritenuta importante: primeggiano
numerose le cantate, alle quali Antonio Lotti ridona lustro e rinnova tale
genere che la scuola veneziana aveva trattato marginalmente. In questo
ambito la scuola Napoletana detta le regole, pure a Venezia, e Lotti
quindi ne assimila i segreti stilistici, che si riscontrano nell'eleganza
e nella vivacità di brani. Ma il suo quid Lotti lo inserisce nelle cantate
in quanto manifesta una certa indipendenza da regole di scuola, se
necessario alla rappresentazione del momento: ecco quindi che piovono dei
procedimenti ricchi di alterazioni, l'uso di imitazioni e di passi
ostinati
Lotti amava per lo più testi che inneggiavano la natura, quali la Cantata
della rosa, Mira sul verde, L'usignolo che nel duolo, accompagnata questa
dall'orchestra, in cui le parti dell'oboe e del fagotto si distinguono per
la morbidezza di accenti. L’aria Pur dicesti, o bocca bella è da
annoverare fra i più belli suoi risultati di grazia, chiarezza di stile e
ispirazione: un esempio più luminosi del belcanto italiano.
Composizioni
Opere teatrali
Il trionfo dell’innocenza (libretto R.
Cialli; Venezia, 1692);
Sindonio (R. Pariati, ivi, 1706);
Teuzzone (A. Zeno; ivi, 1707);
Achille placato (U. Rizzi, con intramezzi ridicoli; ivi, 1707);
Il vincitor generoso (F. Brianni; ivi 1708);
L’inganno vinto dalla ragione, elaborazione del Teuzzone (A.
Zeno, Napoli, 1708);
Il comando non inteso et ubbidito (F. Silvani; Venezia 1709);
La ninfa Apollo, scherzo pastorale, con F. Gasparini (F. de Lemene;
ivi, 1709);
Ama più chi men si crede (F. Silvani; ivi, 1709) ;
Isacio Tiranno (F. Brianni; ivi, 1710);
Il tradimento traditor di se stesso (F. Silvani; ivi, 1711);
La forza del sangue (Idem; ivi, 1711);
Porsenna (A. Piovene; ivi, 1712);
L'infedeltà punita, con Pollarolo (F. Silvani; ivi, 1712);
Artaserse, Re di Persia, elaborazione de Il tradimento traditor
di se stesso (Idem; Napoli, 1713);
Irene Augusta (Idem; Venezia, 1713);
Porsenna, 2° versione “accomodata e diretta dal Sig. Alessandro
Scarlatti” (A. Piovene; Napoli, 1713);
Polidoro (Idem; Venezia, 1714);
Foca superbo (A. Luchini; ivi, 1716);
Ciro, elaborazione (Pariati; Reggio Emilia, 1716);
Costantino, con ouverture di Johann Joseph Fux e intermezzi di
Antonio Caldara (Idem; Vienna, 1716);
Alessandro Severo (Apostolo Zeno; Venezia, 1716);
Giove in Argo (A. Luchini, con gli intermezzi Vespetta e Milo,
musica di A. Scarlatti e F. Conti; Dresda, 1717);
Ascanio ovvero gli odi delusi dal sangue (Idem, con intermezzi di
Gasparini; ivi, 1718);
Teofane (S. B. Pallavicini; ivi, 1719);
Li quattro elementi, carosello teatrale per le nozze del principe
elettore Federico Augusto di Sassonia con Maria Giuseppa d'Austria (ivi,
1719);
Il I° atto del dramma pastorale Tirsi (A. Zeno; Venezia, 1696; il
2° di Caldara, il 3° di L. Ariosti).
Inoltre, gli intermezzi per
le opere:
Achille placato
Griletta e Serpillo in collaborazione con Gasparini;
Serenata.
Oratori
La Giuditta a 3 voci (1701);
Il voto crudele a 4 voci (P. Pariati; Vienna, 1712);
L'umiltà coronata in Esther (1712);
Gioas, Re di Giuda (Z. Vallaresso; Venezia, S. a.);
Il ritorno di Tobia (G. Melani; Bologna, 1723);
Gionata (1728).
Musica sacra
3 Messe (1 per TB e organo; 1 per ATB;
1 a 4 voci);
Requiem a 4 voci;
Dies irae a 5 voci e strumenti;
Crucifixus a 10 voci e continuo;
4 Salve Regina (a 6 voci nello stile di Palestrina; a 4 voci; per 5
e 4 strumenti; per A e 2 strumenti);
8 Miserere (n. 1 a 4 voci, 5 strumenti e continuo; numero 2, idem,
numero 7 fa maggiore con 2 violino, 2 viole e organo; numero 3 e 4 a 4
voci a Cappella; numero 5, re minore il più famoso, 1733, idem; numero 6,
idem; n. 7, fa maggiore; n. 8, do maggiore, 1733);
6 mottetti per voci e strumenti;
2 responsori a 3 e 4 voci;
7 salmi tra cui Dixit Dominus (salmo 109) a 5 voci, 3 violini,
viola, tromba e organo.
Cantate profane
71 di cui 24 per voci, strumenti e continuo
(tra cui si segnala Il tributo degli Dei, 1736);
20 per voci e continuo;
27 per voci, violino e continuo o violino e strumenti.
Il quartetto vocale per la festa dell'Ascensione Sommo Doge in trono
assiso con strumenti. Numerose arie per voce e continuo o strumenti
(tra cui Pur dicesti bocca bella, Ti scorgo amante, Non
lascia mai quel caro nido, Ho due compagni).
Musica strumentale
Sonata per 2 oboi, fagotto e violone;
Sonata a tre per violino, viola da gamba e violone;
Trio per flauto tra versiere, viola da gamba, violoncello e
violone;
Sonata in sol per flauto, viola da gamba, violoncello e violone;
La ragazza mal custodita, ballo comico per il clavicembalo (in
realtà suite nello stile francese).
Opere pubblicate
Raccolta di Duetti, terzetti e Madrigali a
più voci, opera 1 (Venezia, 1705; contiene 12 duetti, 4 madrigali a 3,
1 a 4 e 1 a 5 voci);
Madrigale a 4 voci detto Del Bucintoro Spirto di Dio (ivi, 1736).
Il
caso del madrigale rubato
Discografia