Il periodo italiano   

     

Il viaggio in Italia di Handel si protrasse fino al 1710 e toccò i più importanti centri musicali del tempo, in particolare Roma e Venezia, dove studiò la musica di compositori internazionalmente affermati come Steffani, Caldara, Lotti, Pasquini, ma soprattutto venne a contatto con Scarlatti e Corelli, che saranno decisivi per la sua formazione musicale, sviluppando quello stile prettamente italiano a cui rimarrà fedele per tutta la vita. Da essi acquisì gli elementi musicali di base che arricchì di un'invenzione melodica, un esuberanza, una creatività, una originalità straordinarie. Handel, come tutti, deve molto ad Arcangelo Corelli: i suoi concerti  sono la continuazione diretta dell'opera dell'italiano. Per tutta la vita Handel rimase fedele alla tradizione che culminava nelle sue composizioni, dotate di raffinatezza e di classico equilibrio ” (Lang).

Alessandro ScarlattiHandel imparò molto  sopratutto da Alessandro Scarlatti, che fu per lungo tempo una figura di riferimento per tutti sul fronte delle opere e delle cantate a voce sola, una forma molto in voga a quel tempo. Imparò a raffinare ed addolcire il suo stile vocale che ancora ad Amburgo era grezzo, come testimonia Mattheson: Handel praticamente non sapeva comporre che fughe tradizionali, [...] superiori a Kuhnau in contrappunto, specialmente nel contrappunto estemporaneo, benché quasi ignorasse ogni la melodia. Bukofzer sottolinea in realtà come Handel non mancava né di inventiva melodica né di destrezza contrappuntisitca, ma sì nello stile 'cantabile' della melodia, lingua inconfondibile del bel canto italiano . Ecco un giudizio di Winton Dean: La più importante lezione che egli imparò dalle opere e dalle cantate di Alessandro Scarlatti fu il possesso di uno stile melodico ricco, libero e vario, ad ampio respiro ma anche ritmicamente flessibile, caratteristico di tutta la sua musica più matura. Attraverso queste doti egli acquisì un magistero assoluto nella tecnica della scrittura vocale. L'intonazione calda ed affettuosa del lirismo italiano si fuse alla solidità e alla spigolosità della sua eredità tedesca, e allo stesso tempo rinnovò il suo contrappunto ”. Tra i suoi modelli figura fra gli altri Albinoni, ma singolarmente non Vivaldi, la cui musica sicuramente conobbe nel periodo trascorso a Venezia, ma del cui personalissimo stile non vi è visibilmente traccia in Handel, a differenza di Bach che, da giovane, tanto si ispirò al "Prete Rosso".

Handel arrivò in Italia nell'autunno del 1706, fermandosi brevemente presso la corte a Firenze. Poi nel gennaio del 1707, piuttosto deluso della vita musicale fiorentina, si trasferì a Roma, regno delle corti cardinalizie e delle mille chiese, dove si creò ben presto fama di brillante organista e compositore. Le sue grandi doti di concertista gli avrebbero aperto tutte le porte. Per farsi conoscere gli bastò andare in una qualsiasi chiesa e suonare l'organo, come testimonia Francesco Valesio, che alla data del 14 gennaio 1707 annotò nel suo Diario di Roma: E' giunto in questa città un Sassone, eccellente suonatore di cembalo e compositore di musica, il quale oggi ha fatto gran pompa della sua virtù nel suonare l'organo nella chiesa di San Giovanni con stupore di tutti (Archivio Storico Capitolino). Di quel periodo ci sono rimasti diversi aneddoti che testimoniano quanta meraviglia destasse Handel quando si esibiva alle tastiere.  

Handel entrò in contatto con alcuni artisti appartenenti all'Accademia dell'Arcadia e sotto l’impulso di influenti mecenati romani, fra i quali in primo luogo il marchese Francesco Maria Ruspoli, e sorprendentemente ben tre ecclesiastici cattolici, che si contesero i favori del giovane protestante, i cardinali Benedetto Pamphilj, Pietro Ottoboni e Carlo Colonna, Handel si distinse nelle composizioni di numerose cantate profane, di oratori e di musica sacra, come il celebre Dixit Dominus, ma non compose messe e neppure opere, visto che il Papa Innocenzo XI aveva appena bandito da Roma gli spettacoli operistici. Le cantate non vanno sottovalutate: Handel ne compose un centinaio, in maggioranza per una voce e basso continuo, tra le quali spiccano per originalità ed espressività: Armida Abbandonata, Agrippina condotta a morire e La Lucrezia, e furono una vera palestra che gli permise di affinare le sue capacità di melodista nato; già in esse si può osservare la sua straordinaria abilità nel fondere i vari stili della scuola veneziana, romana, napoletana, bolognese, ma sempre infondendo un proprio marchio personale. Nel maggio del 1707 Handel realizzò, su testo del cardinale Pamphilj, l'oratorio allegorico Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, che venne rappresentato in casa Ottoboni sotto la direzione  dal grande Arcangelo Corelli. Un gustoso aneddoto narra come Corelli si trovò in notevole difficoltà nell'eseguire l'ouverture scritta da Handel, che indispettito gli strappò il violino di mano e suonò egli stesso il brano:  Ma, caro Sassone,  questa musica è nel stilo francese, di c'io non m'intendo ribatté un costernato Corelli; Handel dovette così rimpiazzare l'ouverture con una sinfonia in stile italiano. L'anno successivo nel giorno di Pasqua fu rappresentato l'oratorio sacro La Resurrezione, con ancora Corelli alla guida di più di cinquanta strumentisti in un teatro appositamente costruito a palazzo Ruspoli. Accorse un grande pubblico: 1500 furono le copie stampate dell'oratorio, che più del precedente tende a porsi come surrogato dell'opera. Il Papa Clemente XI si arrabbiò non poco quando scoprì che il ruolo di Maria Maddalena era stato affidato ad una donna, Margherita Durastanti e ordinò che per la seconda rappresentazione fosse sostituita con un castrato. 

Handel trascorse diversi mesi lontano da Roma: fu di nuovo a Firenze, dove nell'ottobre-novembre 1707 compose, senza suscitare clamori, la sua prima opera italiana Rodrigo, nella quale riutilizzò della musica proveniente da Almira. Poi a Venezia per il carnevale e a Napoli, dove il 14 Luglio 1708, per il matrimonio del Duca d'Alvito, compose la serenata pastorale Aci, Galatea e Polifemo. Sul finire del 1709, tornò a Venezia, che, coi suoi quindici teatri, era il maggior centro operistico italiano, dove, di fronte ad un pubblico abituato alle opere di consumati maestri come Legrenzi, Lotti e Vivaldi, Handel riscosse con Agrippina quel trionfo che gli diede la fama internazionale: ben 27 furono le repliche consecutive nel teatro di  S. Giovanni Crisostomo, tra continue acclamazioni di "viva il caro Sassone". 

Si potrebbe pensare che Handel si sarebbe ritenuto soddisfatto dopo essersi impadronito della tecnica, del linguaggio musicale italiano, ed aver ottenuto l'ammirazione degli italiani, tanto da decidere che l’Italia sarebbe potuta essere la sua seconda patria, e invece no: Handel l'abbandonò!

Sul periodo italiano di Handel si legga pure l'interessante saggio, datato 1889, dell'eminente studioso Alessandro Ademollo: George Frederich Haendel in Italia.

 

 

Venezia

 

                          

 

 

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A cura di Rodrigo

 

www.haendel.it

 

 

Ultimo aggiornamento: 17-10-21