Handel e l'Opera |
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La carriera operistica di
Handel si estese per quasi quarant’anni (Almira,1704
-
Deidamia,1741), un periodo circa doppio a quello dedicato all’oratorio
e durante il quale vennero alla luce 42 opere. Dal giorno in cui diciottenne
abbandonò l’organo della cattedrale di Halle per ricoprire il posto di
violinista di fila nell’Opera di Amburgo, Handel passò l’intera vita
creativa in teatro. Dapprima in Germania, poi in Italia e infine, per circa trent’anni, a Londra egli scelse di vivere con l’opera e questa scelta
determinò ogni avvenimento della sua vita e della sua carriera.
Già dai tempi del suo
apprendistato ad Amburgo, egli ricorse a combinazioni vocali e strumentali
di ogni tipo, sapendo riunire tutti gli
stili europei in una grandiosa sintesi, e avvalendosi del suo
innato senso drammatico, sensuale ed estroverso, della
sua originalità,
del suo eclettismo, della sua tecnica e della sue superiore ispirazione
melodica, seppe comporre opere tanto belle e superiori:
« i recitativi, le linee vocali, i ritornelli strumentali,
l'impiego di strumenti concertanti, gli accompagnamenti, raggiungono
nelle opere di Handel una varietà tale che lo fanno prevalere al di
sopra di qualunque compositore di opere dell'epoca »
(Rodolfo
Celletti).
Prevalgono
nel suo operismo le arie con da capo, coronate da un recitativo
secco, la scarsità di brani a più voce (secondo Chrysander,
complessivamente 74 duetti, 6 terzetti e 3 quartetti contro ben 1150 arie a
voce sola), l’esigua importanza del coro, solitamente i solisti stessi
riuniti in chiusura dell'opera, come dettava la tradizione veneziana, l’esclusione
di parti comiche, la marcata
caratterizzazione eroica dei personaggi drammatici e la rappresentazione
meno astratta delle passioni rispetto alla tradizione del teatro barocco. Parecchie arie, giustamente
celebri, illustrano il dono di Handel d’impregnare il canto di intense e
toccanti melodie.
Provando ad analizzare il
modus operandi di Handel, si comprende bene come lui possa esser giustamente
considerato la summa assoluta operistica teatrale: le sue superiori tecniche musicali e
drammatiche, pur mantenendo e rispettando l’archetipo metastasiano
recitativo-aria-recitativo, ne hanno risaltato
la capacita espressiva strutturale, poiché per rappresentare il dramma
dell’opera seria egli ha sfruttato i mezzi del tempo (aria, recitativo, cavatine,
sinfonie, ariosi, recitativi accompagnati, ensemble, cori, brani
strumentali) con enorme maturità, già a partire dall’AGRIPPINA, il suo
trionfo Veneziano nel 1710.
Spesso Handel costruisce l'intera opera attorno ad un centro tonale unico, come ad esempio l’IMENEO, associando anche a taluni personaggi certe tonalità, metodologia per rappresentare il carattere di un personaggio; esempi di questa tecnica si incontrano nel GIULIO CESARE con Cleopatra, e nell’ADMETO col personaggio di Antigona. Ma la tecnica compositiva di Handel non si esaurisce di certo qui, infatti se vuole sottolineare un mutamento improvviso di temperia drammatica, ricorre ad una forte variazione tonale: questa metodologia è uno strumento per segnalare la variazione scenica, riuscendo ad accentuare la mutazione visiva con quella sonora: l’incisività ne esce potenziata. Gran peso nella composizione Handeliana hanno anche i recitativi accompagnati, o meglio ancora i recitativi elaborati, infatti spesso è ricorso a forme compositive nuove dove il recitativo semplice si intreccia con l’accompagnato, l’aria e l’arioso: esempi di riferimento possono ben essere nel TAMERLANO la morte di Bajazet, nell’ORLANDO la scena della follia di Orlando, nel GIULIO CESARE il recitativo accompagnato "Alma del gran Pompeo", oppure in RODELINDA la scena di Bertarido nelle prigioni rinchiuso che si apre con l’aria "Chi di voi fu più infedele". Altra caratteristica peculiare Handeliana è il ricorso alla rottura di un’aria nel suo andamento da un altro personaggio, si possono ricordare l’aria di Bertarido in RODELINDA, quando la sorella Eduige riconosce la voce del fratello, nell’aria “Con rauco mormorio”, oppure Handel permette di citane ironicamente una frase musicale con un contesto diverso, per esempio il duetto dei due amanti che si rinfacciano i torti subiti nel primo atto di PORO. Spesso Handel sa smentire un lieto fine, che non sarebbe stato convincente, mettendo in musica di spicco tragico le parole della conclusione dell’opera: questo può riscontrarsi nelle opere AMADIGI, TAMERLANO, IMENEO. Dopo il 1725, Handel collegò il coro finale ad uno o più movimenti precedenti (arie, danze, concertati): c’è una anticipazione in questo dei finali d’ampia mole che troveremo negli oratori, e che diverranno una sua caratteristica comune. Ma sebbene nelle opere non si po’ parlare di vero coro, in quanto o erano i personaggi che cantavano assieme, (Tutti) oppure si trattava di un Ensemble (raramente di un coro), si deve sottolineare che Handel ebbe a disposizione un vero Coro in occasione di ARIODANTE ed ALCINA, ed anche di un vero corpo di ballo, capeggiato dalla famosissima Maria Sallé. Handel si avvalse inizialmente di mediocri librettisti, che gli diedero quasi sempre dei rifacimenti di libretti altrui, su argomenti storici e mitologici, fino a quando trovò in Paolo Antonio Rolli un letterato di qualche merito. Comunque la gran parte delle opere, e soprattutto poi degli oratori, che Handel compose attestano un suo intervento diretto nella sceneggiatura musicale dei punti salienti, perché egli voleva che la musica governasse la parola. Già dall'inizio egli aveva ben chiaro quale sarebbe stato l'impianto tonale, atto dopo atto, costruendo l'impalcatura delle arie e includendo solo dopo i recitativi, opportunamente sfoltiti, rispetto alla tradizione, per venire incontro alle diverse esigenze del pubblico inglese.
La tipologia di libretti
nell'opera Barocca raggiunse il suo apice con il poeta cesareo
Metastasio,
che ricorse spesso a simmetrie artificiose e raffinatezze letterarie che non
andavano al di là delle singole arie, e questo secondo Gluck ostacolò il
cosiddetto progresso operistico, e invece finì, col suo intervento, a
portare la rovina del belcanto.
Secondo certe valutazioni di studiosi le opere in cui combaciano meglio musica e personaggi, sono le tre opere a soggetto eroico: GIULIO CESARE, TAMERLANO e RODELINDA, una triade che segnò la supremazia su quello che era considerato il miglior compositore operista dell’epoca: Giovanni Bononcini. Handel affrontò soggetto magici in 5 opere: ALCINA e ORLANDO sono due esempi supremi dell’opera settecentesca, ma non possiamo dimenticare neppure le altre tre RINALDO, TESEO, AMADIGI, che portano in scena stupenda musica descrivente le scene di magia, spesso associate nelle scene metamorfiche con la spettacolarità delle macchine di scena. Handel rappresentò anche opere comiche e farsesche, come AGRIPPINA, FLAVIO, PARTENOPE e SERSE, che sono accomunate da elementi antieroici, portando in scena anche aspetti di vita quotidiani, ridicoli e a volte anche un po’ scurrili.
Alcune considerazioni sull'Opera Barocca
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Ultimo aggiornamento: 17-10-21 |